Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di Lidia Lombardi È una storia a lieto fine.

default_image

  • a
  • a
  • a

Edi come - con la grinta dell'Italia anni '50 - sono passati dal pubblico dei quattro figli a quello dei bambini di Roma. Mentre i loro pupazzi sono «marionette d'autore», pezzi unici che si meritano una mostra. I protagonisti della storia a lieto fine sono gli Accettella, dai capostipiti Ennio e Maria ai rampolli Luciana, Icaro, Bruno, Anna Maria e ora Alessandro. Hanno nella capitale il loro teatro stabile, in via Genocchi, alla Garbatella. La Marionettopoli di Roma. Perché gli Accettella non li fanno solo muovere, i loro pupazzi. Li costruiscono. E affidandosi ad artisti, come lo scultore Ferdinando Codognotto che ha costruito tanti personaggi, per esempio l'ochina protagonista con la volpe della fiaba di Calvino, spettacolo cult del loro Teatro, il Mongiovino. Per un mese, e fino a domani, gli Accettella sono usciti dal palcoscenico di via Genocchi. E si sono trasferiti nel cuore di Roma, a Villa Pamhilj, vicino a quel piazzale del Gianicolo che - con il Pincio - è stato tradizionale meta dei bambini la domenica mattina, con il baracchino ambulante dei burattini, in spettacoli improvvisati ora sempre più rari. La Casa dei Teatri - nella ottocentesca palazzina Corsini di Villa Pamphilj - ospita la mostra «Per filo e per segno" e racconta con foto, locandine, marionette, oggetti, scenografie l'incredibile storia di questi protagonisti del teatro di figura, che tanto più ci deve essere caro perché è un teatro povero e ancora poco protetto mentre affonda nella tradizione tutta italiana dei cantastorie e in quella della chanson de geste. Vale la pena di raccontarla dall'inizio la favolosa vita degli Accettella. Lo scenario è la Roma in bianco e nero anni '45-'47. Ennio, siciliano di Messina e impiegato, e Maria, abruzzese di Chieti e casalinga, hanno poco più di quarant'anni e quattro figli. Vivono in via Pompeo Ugonio, vicino a quello scalo San Lorenzo che testimonia, nei palazzi bombardati, la faccia della guerra appena finita. Italiani brava gente, ma senza una lira, neanche per comprare i giocattoli ai «regazzini». Ennio e Maria s'industriano. Con cocci, pezzi di legno, cartone pressato costruiscono marionette e la domenica improvvisano il teatrino in salotto. Contenti i figli, specie a Natale e alla Befana. E contenti i figli dei vicini, che cominciano a invadere la loro casa. Comincia l'avventura. Il parroco di S. Agnese fa esibire Ennio e Maria nell'oratorio. Loro si danno un nome d'arte, «La fata azzurra» e mettono in scena «Pelle d'asino» di Perrault. Un successo, inviti in altre parrocchie, conventi, Cral, dove arrivano con le marionette issate su un caretto. Poi, una sede tutta loro. Prima nella Corte dei Conti di via Pastrengo (fino al 1962), dopo a S. Maria sopra Minerva, dove la loro sala, Teatro Pantheon, è attivo fino al 1985. Infine, il Mongiovino di via Genocchi. E tournée in Italia e all'estero fino al riconoscimento dal 1999 di «Teatro stabile d'innovazione per l'infanzia e la gioventù». Pinocchio, i pappagalli Cacatua e Cenerino, l'Uccello Sole e Sheherezade - le star degli Accettella - applaudono.

Dai blog