Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il fratello più furbo di Fidel Castro

default_image

È il garante della rivoluzione comunista dei barbudos ma anche il traghettatore verso l'economia capitalista

  • a
  • a
  • a

Icubani ora possono, per esempio, vendere o comperare auto circolanti sull'isola, frequentare hotel prima riservati ai soli turisti stranieri, acquistare qualche elettrodomestico importato dall'estero e, persino, accedere agli internet point per navigare in rete. È il "nuovo corso" del regime castrista. Tutto da verificare. E, per la verità, un po' misero. Raul Castro è al potere da un po' di anni: acclamato Presidente del Consiglio di Stato il 24 febbraio 2008, aveva già di fatto assunto la reggenza del partito e dello Stato in nome di Fidel il 31 luglio 2006. La sua ascesa al posto del fratello era stata interpretata come una svolta politica ed epocale. Aveva suscitato molte, forse troppe, aspettative di liberalizzazione e democratizzazione. Al tempo stesso, aveva spinto tanti, più o meno improvvisati, "cubanologi" in tutto il mondo a interrogarsi sulla trasformazione e sulla possibile fine della più longeva dittatura della storia. Ma le riforme a spizzico che hanno segnato l'avvio del "nuovo corso" del regime costituiscono, tuttavia, una ben flebile risposta ad attese e speranze. E, sono, invece, un invito ai commentatori a mettere da parte le illusione e a ragionare in termini concreti. Che, del resto, Raul Castro possa essere il traghettatore capace di portare Cuba dalla dittatura poliziesca alla democrazia liberale è quanto meno discutibile. La bella e puntuale biografia che un intelligente e brillante diplomatico e saggista italiano, Domenico Vecchioni, già ambasciatore a Cuba, ha dedicato al fratello di Fidel (Domenico Vecchioni, Raul Castro, Greco & Greco Editori) lo dimostra molto bene. Da essa, come prima cosa, emerge un dato caratteriale che spiega, al di là dei vincoli di sangue, il legame che unisce Raul a Fidel: un legame di sudditanza psicologica, che risale ai tempi dell'infanzia e si traduce, son parole di Vecchioni, in un "bisogno di essere circondato dalla famiglia e dagli amici" e quindi, si può aggiungere, anche in una continua ricerca di approvazione da parte di un fratello maggiore che, a differenza di lui, "ha sempre rivendicato piena autonomia personale". Un legame, ancora, che suggerisce l'idea che le aperture e le concessioni liberalizzanti degli ultimi tempi rientrino, in realtà, in una vera e propria strategia propagandistica, rivolta soprattutto all'esterno più che all'interno del paese, frutto dell'inossidabile binomio Fidel-Raul. Da una parte c'è, infatti, il fratello minore, Raul, ormai ottantenne, che si sforza di governare alla giornata, per guadagnare tempo o meglio (come suggerisce Vecchioni) per "fermare il tempo", attento a cogliere certe opportunità offerte dal contesto internazionale, a coltivare rapporti con i paesi amici e infine a vellicare quegli intellettuali occidentali che, da "utili idioti", continuano a esaltare il "modello cubano". Dall'altra parte, c'è il fratello maggiore Fidel, ormai fuori gioco per la salute malandata e l'età, ma più che mai in grado di svolgere appieno il ruolo di "eminenza grigia" e pronto a supportare Raul con tutto il peso e il prestigio della sua immagine di icona internazionale della più longeva rivoluzione della storia. Il rapporto fra i due fratelli è stato sempre dello stesso tipo, con un Raul nel ruolo di "eterno secondo" e succube del fascino promanante dalla personalità, forte e pragmatica, di Fidel. Si potrebbe dire che una costante del comportamento, anche politico, di Raul sia stata quella di cercare di fare cosa gradita al fratello, ammirato e adorato come una icona, e di preparargli la strada per la conquista, prima, e per la conservazione, poi, del potere. Sin dagli anni degli studi universitari, Raul - quando il fratello non si proclamava comunista ma si preoccupava di conservare la compattezza del fronte anti-Batista all'interno del quale erano anche non comunisti - era diventato un convinto sostenitore del marxismo-leninismo e non faceva mistero della sua ammirazione nei confronti del sistema sovietico. E, non a caso, egli si sarebbe rivelato un difensore dell'ortodossia rivoluzionaria e un implacabile gestore dei tribunali rivoluzionari pronti a comminare senza pietà sentenze di condanna a morte per nemici, oppositori o presunti tali. Avrebbe acquistato, per usare una immagine di Vecchioni, le caratteristiche di "un rivoluzionario dalla temibile efficacia: discreto, silenzioso, paranoico", pronto a fare spesso "il lavoro sporco per conto di Fidel, la testa pensante del Movimiento". Diventò, insomma, "il più sovietico" del cubani e il difensore dell'ortodossia marxista-leninista. Il saggio di Domenico Vecchioni, scritto con eleganza e vivacità, ricostruisce, sì, le vicende biografiche di Raul - studente e rivoluzionario, costruttore di forze armate politicizzate e guida di un efficientissimo servizio segreto - ma sottolinea anche la rigidità ideologica del suo sistema di pensiero e il suo legame di sudditanza nei confronti del fratello. Due punti che giustificano il pessimismo sulla sua effettiva capacità di traghettare Cuba dalla dittatura alla democrazia.

Dai blog