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Il processo è in corso ma via Poma va in onda

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L'attrice Astrid Meloni nei panni di Simonetta Cesaroni

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È il 7 agosto del '90 e in Prati e, a via Poma 2 al terzo piano, nell'ufficio dell'Aiag una ragazza viene assassinata con 29 colpi inferti da un'arma a doppio taglio: la pellicola andrà in onda il 6 dicembre su Canale 5, prima serata mentre è ancora in corso il processo d'appello a Busco. Quella ragazza era Simonetta Cesaroni. E da quel momento la cronaca, i giornali e le televisioni si occuparono del caso chiamandolo «Il giallo di via Poma». Oggi sono passati 21 anni distanza, e la III corte d'Assise di Roma ha condannato il fidanzato di Simonetta Cesaroni Raniero Busco, a 24 anni di carcere e al pagamento delle spese processuali. Ma inquirenti, criminologi, giornalisti, pm e giudici aspettano con ansia il risultato della corte d'Appello. Perché le prove che inchioderebbero Raniero Busco per molti sono insufficienti. «Il delitto di via Poma» è il racconto romanzato di quei fatti. Le vicende, le testimonianze, le verità e le bugie che in questi anni hanno riempito le aule dei tribunali, i giornali, e i programmi tv. E chi prova a districarsi in questa matassa ingarbugliata è un umile ispettore capo della polizia di Roma. Un signor nessuno, un uomo che non ha mai fatto carriera grazie al suo carattere un po' burbero e, soprattutto, poco incline alle piaggerie. Lui si chiama Niccolò Montella. E il caso di Via Poma è entrato nella sua vita diventando la sua ossessione e il suo chiodo fisso, anche dopo il raggiungimento della pensione. È un uomo normale e si fa domande normali. Le stesse che tutti si sono posti, senza trovare però risposte adeguate. Niccolò Montella è un eroe grigio e silenzioso ma ha uno scopo: mettere le mani sull'assassino, sull'autore di quell'efferato delitto, di quel massacro compiuto sul corpo di una ragazza poco più che ventenne. L'ispettore capo racchiude tutte le figure investigative del caso di via Poma. È interpretato da Silvio Orlando, ed è racchiuso tutto qui il «difetto» della fiction. Magistrati, avvocati, polizia e carabinieri vengono praticamente annullati dalla figura dell'attore napoletano. Il caso è complicato ed è inverosimile che, nella bailamme della vicenda, soltanto una persona si occupi di uno dei più grandi gialli italiani. Un'ombra indelebile sulla vera identità di chi, nel pomeriggio caldo e afoso di un sonnolento 7 agosto romano, tolse la vita in modo brutale alla Cesaroni. Un romanzo che vuole essere anche un modo di raccontare il dolore di una famiglia, la disperazione della sorella di Paola co-protagonista della storia che aiuterà il nostro ispettore capo a condurre un'inchiesta complessa, se non quasi impossibile e, fin dove potrà, con i suoi mezzi e le sue possibilità. «Il delitto di via Poma» non riesce a dare risposte certe. E mostra un'umanità reticente, bugiarda, connivente e collusa se non addirittura colpevole, uno spaccato sociale e tipico di un Paese dove la legge da rispettare è quella data della convenienza e non delle verità. «Credo - ha commentato Silvio Orlando - che il mio sia l'unico personaggio totalmente inventato ma è un personaggio che solleva dubbi». «Che la vicenda sia di cocente attualità lo dimostrano le diffide legali che si oppongono alla messa in onda del film come l'intervento di un alto magistrato che ci ha impedito di girare le scene nel condominio teatro del delitto solo perché il figlio che abitava là è stato a suo tempo sospettato» ha detto Faenza, aggiungendo che «per me, il colpevole è semplicemente la giustizia, perché cerca di coprire colui che ha commesso l'omicidio».

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