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E Romolo scalpita per uscire dalla leggenda

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A ritroso Come in un'inchiesta Mario Sconcerti ricostruisce l'appassionante «alba di Roma»

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Conun manipolo di fedelissimi che li seguono. C'è la fortuna e la violenza, c'è addirittura un campo quadrato nella leggenda di Romolo e Remo. Anche per questo ha appassionato un giornalista sportivo di vaglia come Mario Sconcerti, che ha tra l'altro diretto gli opposti «Corriere dello Sport» e «Gazzetta dello Sport» e che ha firmato libri come «Baggio vorrei che tu Cartesio e io...». Ma «Romolo - L'alba di Roma da riscrivere» è molto di più. È un viaggio nella Roma arcaica dove ai topoi della caput mundi - quelle alture fitte di boschi e circondate da un fiume - si affianca l'attualità delle scoperte, le lettura dei classici e la passione per il mito e la storia. Nello sforzo di conciliarli. L'assunto di partenza è che Roma cominciò a scrivere di sé solo nel secondo secolo a. C., dopo aver vinto su Cartagine. Prima se n'erano occupati gli storici greci, con soggettivo punto di vista. Roma capta, per intenderci. Plasmata dalla civiltà al di là dell'Adriatico. Ma, a dirla tutta, città sorta da tribù di porcari. Assassini e banditi. Serviva un pedigree. E alla politica del consenso non poteva mancare una letteratura che legittimasse la Repubblica ormai dominatrice di Europa e Mediterraneo, e poi l'Impero. Ottaviano lo sapeva bene e Virgilio, poeta di corte, confezionò il poema che cuciva elegantemente il regno di Augusto con gli avi più splendenti, l'eroe Enea e gli dei dell'Olimpo. E però Romolo e Remo, la cesta affidata alle acque del Tevere, la Lupa sono una favoletta inconsistente. Insomma, figure sfocate, buone per i ragazzini della terza elementare. Invece la leggenda ha qualche sostanza. Sconcerti per esempio ricorda l'annuncio fatto nel 2007 da un'archeologa. Sul Palatino fu trovata una grotta, una cavità a cupola abbellita di mosaici, che sarebbe stato il Lupercale, il posto dove la Lupa allattò i Gemelli. Non a caso sotto il Palazzo di Augusto, a saldare il massimo fulgore di Roma con le sue origini di stracci. Lo scoop divise gli esperti, ma confermò gli studi di Andrea Carandini, che ha studiato palmo a palmo il Palatino e che ha raffrontato un muro individuato sul colle fatale col tracciato originale del villaggio fondato da Romolo. Trovandolo compatibile. Intreccia fonti e leggende, Sconcerti. Prendiamo Acca Laurentia, la donna che allatta i gemelli. Era la moglie o l'amante di Faustolo? O era una prostituta, come scrive Valerio Anziate e come rafforza Livio, che avalla l'equazione tra lupa e sgualdrina? Forse la seconda. Ma sgualdrina riscattata da blasone e da investitura divina. Infatti subentra un terzo mito. Ercole dopo aver vinto a dadi una prostituta al Foro Boario e aver passato con lei tutta la notte, decide di sposarla al primo che passa dopo l'alba. Sarà un uomo ricco e anziano. Lei erediterà presto i beni e li regalerà a Romolo. Ecco allora che un dio, Ercole, si sostituisce a Marte nella narrazione delle origini di Roma. Ed ecco che Acca «diventa una vera piccola grande madre di tutti i romani, onorata come la madre di tutti gli antenati di ciascuna casa romana». Del resto, nel miscuglio di miseria e nobiltà, i gemelli sono nati da uno strupro, quello perpetrato da Marte in forma di spettro radioso su Rea Silvia, la figlia vestale di Numitore, re d'Albalonga. La stessa notte del concepimento è farcita di eventi straordinari, anticipatori di esiti divini: la squassa un tempolare, la oscura un'eclisse. Ancora la leggenda piegata alla storia. Terenzio Varrone compulsa i testi di astronomia e parte proprio dall'eclisse - che sarebbe avvenuta nel 772 a. C. - per rispondere alla sua ossessione di trovare finalmente la data della fondazione di Roma. Il 21 aprile del 753 Romolo aveva diciannove anni.

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