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«Porto in televisione le mie storie di amore criminale»

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Prometteemozioni forti e storie scioccanti. È sul mercato, visto che il contratto in Rai è in scadenza. Camila Raznovich è partita da Mtv, è passata in Rai, ora è sugli scaffali con un libro fresco di pubblicazione tra ironia e disavventure: «M'ammazza» (Rizzoli, pp. 161). - Camila Raznovich: quando torna il progetto "Amore Criminale" di Raitre? «Parte il 22 ottobre ma ho il contratto in scadenza in Rai». - Anche lei migrerà verso Mediaset, La7 o Sky? «Non si può mai dire, vedremo. Vediamo come controbatterà la Rai. L'importante è che ci sia una visione di crescita. Non vado dove guadagno di più o dove c'è il progetto più fico ma dove si può crescere». - Cosa promette "Amore criminale"? «Emozioni forti, storie scioccanti». - Vanessa Incontrada, su Vanity Fair, ha detto di essere "scappata" da Zelig, inconciliabile con i suoi orari dopo la nascita del figlio. Lei è tornata praticamente subito al lavoro. Cosa è successo? «È diverso. Tatami era un programma mio. Vanessa si trovava in un contesto dove era una "pedina", da me ci si adeguava ai miei orari mentre lei era inserita in un meccanismo più grande». - I pro e i contro di fare un figlio. Iniziamo dai pro. «Averlo, ti ritrovi con un pupo in casa. È un'altra vita: poi diventi un essere umano adulto e smetti di essere figlia per forza. Improvvisamente ti rendi conto che devi farcela da sola. I capricci svaniscono, devi essere presente e disponibile per una persona che non ha chiesto di venire al mondo». - I contro? «Se sei una donna che lavora, impegnata, non è facilissimo inserire un elemento rivoluzionario. Non sono "dettagli" e io ci ho messo un po' di mesi ad accettare una situazione nuova. Da un punto di vista emotivo non ho avuto problemi ma da un punto di vista pratico è stata una guerra. Ci sono problemi legati proprio alla praticità della vita e uno si deve dimenticare tutti i comfort, i viaggi... Ma sono certa che queste cose torneranno». - Lei è stata educata in una comunità Ashram. Può spiegare, in pratica, in cosa consista? «È un modo diverso di approcciarsi alla vita. Si mangia insieme, si vive in una famiglia allargata, si lavora insieme. E non si sta parlando di 10 persone ma di 300». - Farebbe vivere questa esperienza a sua figlia? «Sarebbe anacronistico. Viviamo in un contesto molto diverso da quello anni '70. Quello che posso dire, però, è che reputo molto sano crescere a contatto con più persone possibile. C'è lo stupido, c'è la persona carina, il bimbo viziato. Tutto ciò ti permette di arrivare al mondo più preparato. E poi sa cosa penso? Che non ci siano più i guru di una volta...». - In "M'ammazza" lei è ironica. Ma lo farebbe leggere a Viola? «Sì. Assolutamente. Deve capire che per me è stato anche un sacrificio. Quello che io facevo da piccola era di non mettere in dubbio mia madre ma la mamma non è un supereroe, io la umanizzo». - Ha confessato di aver sofferto di depressione post partum. Come superarla? «Ammettendola. Dicendo: "Io sto soffrendo di depressione post parto, sono persa". Io ero molto arrabbiata, ho litigato con tutti. Non sono andata in terapia ma avevo un network di persone che hanno lavorato insieme a me. E poi passa: è una tempesta ormonale». - Sua madre, poco dopo al sua nascita, partì per l'India lasciandola con suo padre. Lei lascerebbe per tre mesi Viola, anche ora che è più cresciuta? «No, comunque no». - Sua figlia la guarda in tv? «Ancora no. Guarda poco la tv e quando la guarda, una mezz'oretta, vede i cartoni animati». - Quanto tempo ha impiegato a scrivere il libro? «Cinque mesi, non di più». - I suoi gusti letterari? Quali sono i suoi autori preferiti? «Mi piace la letteratura sudamericana. E la saggistica, dipende dal periodo. Prima della nascita di Viola sì che leggevo. Ora alle 21 crollo, figuriamoci se mi ci metto. Non mi piacciono i romanzi fini a se stessi, che non mi danno niente. Ho da poco letto "Nel mare ci sono i coccodrilli", storia vera e dolcissima di un ragazzino che arriva dall'Afghanistan: sono storie di persone vere».

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