Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

«Le mie canzoni senza regole»

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

diDARIO SALVATORI Dopo undici anni di silenzio, almeno come interprete, Mario Lavezzi ha pubblicato un nuovo album: "L'amore è quando c'è". 64 anni, milanese Lavezzi ha sempre avuto una particolare predisposizione per "scrivere al femminile" (Ornella Vanoni, Anna Oxa, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè). Il nuovo album vede la collaborazione di alcuni amici storici, a cominciare da Mogol fino ad Ornella Vanoni, con cui duetta. Ma il disco presenta anche una sorpresa: il ritorno nelle vesti di autore di Maurizio Costanzo. 46 anni dopo "Se telefonando", la nota canzone scritta nel 1965 per Mina, Costanzo ha firmato per Lavezzi "Innamorato", un testo che sembra ben centrare il particolare momento personale del cantautore. Caro Costanzo, allora c'era proprio bisogno di scrivere un'altra canzone? «Penso di si. È stato un incontro interessante, leale, artistico. Credo anche che le canzoni siano imbattibili veicoli di stato d'animo. Provate a sostituirle… Impossibile. Aggiungo anche che alla mia età cimentarmi in cose nuove, o perlomeno che non facevo da anni, costituisce uno stimolo, una scossa». Lei sa bene che l'autore abituale di Mario Lavezzi è Mogol… «Certo. Beh, Mogol è il n.1, ha scritto canzoni per i cantanti più famosi. Io sono un paroliere della domenica». Mica tanto. Lei ha scritto «Se telefonando», una delle canzoni più belle di Mina. Come andarono le cose? «Serviva una sigla per la trasmissione tv "Aria condizionata", scrissi quel testo e Ennio Morricone la musica. Andò bene». Se non sbaglio ci fu anche una censura, diciamo un po' inconsueta… «È vero. Fu Mina stessa a censurare il testo originario che recitava infatti "poi nel buio le tue mani d'improvviso sulla mia", che divenne "sulle mie". Per me "sulla mia" sottintendeva mano. Mina pensò che la mancanza del complemento facesse pensare che le mani, nel buio di quella spiaggia, potessero essere state posate… altrove». Come mai dopo un successo del genere non ebbe la voglia di riprovarci subito, di scrivere immediatamente un altro brano, magari sempre per Mina? «Non lo so. Diciamo che non avvenne. Io a quell'epoca ero un giovane autore, digiuno di canzoni, Mina era al massimo della sua popolarità televisiva, erano gli anni di "Studio Uno". Accanto a lei c'era gente del calibro di Antonello Falqui, Guido Sacerdote, Antonio Amurri, Dino Verde, Lelio Luttazzi, Bruno Canfora. Non so se mi spiego». E Mario Lavezzi? «Ha un suo stile. È riconoscibile. È uomo intelligente e spiritoso, canta bene l'amore controverso. E poi, un cantautore che riesce a stare in silenzio per undici anni è decisamente ammirevole. Dovrebbero farlo in tanti». Quali regole si impone nel scrivere un testo? «Veramente nessuna. Non vedo perché dovrei. Scrivere una canzone dovrebbe essere un gesto liberatorio. Ho molto rispetto per chi riesce a scrivere un buon testo per una canzone. Sembra il lato frivolo di questo mestiere, invece non è così. Sapesse quante regole devono funzionare per poter scrivere una buona canzone». Se Mina avesse bisogno di un suo testo come si regolerebbe? «Mina è la più grande cantante italiana di tutti i tempi. Ha avuto a sua disposizione i migliori autori, testi e musiche. Mi sembra che ora prediliga i più giovani o quelli che scopre lei direttamente fra le tante canzoni che arrivano a casa sua. Giusto. Se mi chiedesse un testo scriverei qualcosa tipo innamorarsi alla nostra età. L'invecchiamento della popolazione dovrà tener presente anche questo prima o poi». Qual è la differenza nello scrivere un testo oggi rispetto agli anni Sessanta? Di che cosa deve tener maggiormente conto un autore? «Dovrebbe tener conto, diciamo in maggior conto, la propria ispirazione. In linea di massima direi che è cambiato tutto. In quel periodo i cantanti erano pedine in mano ai potenti discografici, che organizzavano la loro carriera e qualche volta la loro vita. Il discorso vale anche per Mina, almeno fino a quando pensò bene di fondare la sua etichetta e di rendersi indipendente. Oggi i cantanti mi sembrano più autonomi». Le canzoni incidono di meno nella nostra coscienza e nella vita di tutti i giorni? «Credo di si. Subiamo troppe suggestioni e spesso non abbiamo nemmeno il tempo di godercele. Sono però dell'idea che una buona canzone, ben scritta e ben interpretata, possa ancora svolgere un ruolo importante nella memoria collettiva o almeno per sottolineare un momento, una stagione, un'emozione che ci piace ricordare. È un fatto che quelle del passato lo fanno molto meglio rispetto a quelle di oggi. Dovremmo farcene una ragione».

Dai blog