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Il Campiello rimane in Laguna

Andrea Molesini con il premio Campiello

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«Un premio onesto», il Campiello. Parola di Viola Di Grado, 23 anni, laurea in filosofia cinese, reduce dalla cinquina del chiacchieratissimo Premio Strega e in Laguna incoronata col riconoscimento Opera Prima per il suo romanzo «Settanta acrilico trenta lana» edito da E/O. Sicuramente premio soft, quello degli industriali veneti presieduti da Andrea Tomat. Chiude la stagione di premiopoli quando l'estate scolora. Ha una giuria di lettori, trecento, al posto degli Amici della Domenica, cooptati e torturati dagli editori a caccia di voti. E capita anche che arrivino in Laguna le stesse facce del Ninfeo di Villa Giulia, la location dello Strega. L'altr'anno Silvia Avallone e Antonio Pennacchi (ma vinse Michela Murgia), quest'anno appunto l'anticonformista Viola, labbra blu, capelli lisci, abitone al polpaccio, pessimismo a gogò. Ma la serata è stata di quelle tutte oro e bella gente. Che lavora sodo, produce, ha il cuore padano. Mille industriali, compresa la presidente di Confidustria Emma Marcegaglia, accolti dall'Inno di Mameli sullo sfondo del luccicante Teatro La Fenice. Gran cerimoniere della consegna in diretta tv della «Vera da pozzo» Bruno Vespa, affiancato dalla solare Serena Autieri. E quando è uscito il nome del vincitore sul palco è stato un minuetto di primattori. Sorrisi e neanche un filino di astio. Anche se questo Campiello 2011 è stato davvero a sorpresa. Andrea Molesini, veneziano, prof di letteratura a Padova, al romanzo di esordio, ha sbaragliato i contendenti. Il suo «Non tutti i bastardi sono di Vienna» (Sellerio) ha ottenuto 102 voti. Al secondo posto, con 80 voti, il colosso Mondadori e Federica Manzon, friulana, con «Di fama e di sventura». Beffati i favoriti della vigilia, Ernesto Ferrero (Einaudi, 39 voti) e Maria Pia Ammirati (Cairo, 35 voti). Eppure Ferrero è vecchia volpe del mondo dell'editoria, che pratica da scrittore (con «N», ovvero Napoleone, vinse lo Strega undici anni fa) e da direttore della Fiera del Libro di Torino (il tema della prossima edizione, ha anticipato a Venezia, sarà «I nuovi linguaggi»). È stato anche editor Einaudi. Il suo libro in corsa al Campiello, «Disegnare il vento» è una biografia-romanzo, a 100 anni dal suicidio, di Emilio Salgari, inventore dell'epopea di Sandokan, ma anche giornalista e appassionato di ciclismo, capitano in tutti i mari del mondo. Salgari è raccontato dalla moglie, dai figli e dai vicini. Cui dà voce Ferrero come se fosse uno di loro. Non per niente vive a Torino nel palazzo che fu ultimo domicilio di Salgari. L'altro editor-autore in gara, la Manzon (marchio Mondadori) è piaciuto il doppio. «Di fama e di sventura» è la vicenda di Tommaso, nato «sotto una cattiva stella» ovvero nell'ora più calda del giorno più caldo dell'estate più calda. Eppure possiede un dono: sa capire l'animo degli uomini con uno sguardo, sa leggere il futuro. Sarà quel dono ad attirargli disgrazie, successo e tragedie. Tommaso corre dalla sua città all'altra parte dell'oceano, dalle stanze anguste del collegio ai templi dorati della finanza, da un padre desiderato a un figlio inascoltato. In una spirale che lo inebria e lo divora. Maria Pia Ammirati, non solo scrittrice ma dirigente Rai (ma dove sono finiti gli autori puri?) era in lizza con «Se tu fossi qui». Vi racconta di una giovane donna che muore e del marito Mattia, sconvolto, il quale comincia ad interrogarsi sulla loro vita in comune. Mano a mano è trascinato in un vortice di incredibili rivelazioni, false piste e conoscenze inattese. Un libro sulla paura e l'incapacità di amare. Ma i trecento del Campiello hanno preferito l'affresco storico di Molesini, che ha dedicato l'alloro alla scomparsa Elvira Sellerio. «Non tutti i bastardi sono di Vienna» tesse orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni che si addensano a Villa Spada, dimora signorile di un paesino distante pochi chilometri nei giorni compresi tra il 9 novembre del 1917 e il 30 ottobre del 1918: quelli della disfatta di Caporetto. È in quella villa che Paolo sogna e realizza la vendetta contro i nuovi padroni, raccontando una storia di violenza su giovani fanciulle contadine e di dileggio del parroco del paese. Ultimo con 29 voti Giuseppe Lupo, lucano e professore di letteratura italiana alla Cattolica di Milano. In «L'ultima sposa di Palmira» (Marsilio) parla della sua terra. Ovvero torna al terremoto del 1980 in Basilicata e Campania, ma soprattutto a Palmira, minuscolo centro dell'Appennino. Solo una falegnameria è rimasta in piedi, lì mastro Gerusalemme fabbrica il mobilio per una sposa, l'ultima del paese. E su quel mobile inciderà le leggende della sua gente. Venezia ha sorriso anche agli scrittori under 30 con il Premio Giovani. Ha vinto Mattia Conti, ventiduenne di Lecco, col racconto «Palle di legno». Buona fortuna.

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