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Al Premio Sabaudia il graffio di Ermanno Rea

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diMARIA GRAZIA DI BLASIO È stato Ermanno Rea, giornalista e scrittore tra i più apprezzati in Italia, soprattutto per la sua capacità di analisi acuta della realtà, a chiudere ieri il Premio Sabaudia Cultura. Lo scrittore ha scelto Sabaudia per la prima presentazione in pubblico del libro «La fabbrica dell'obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani» (219 pagine; Feltrinelli) avendo come interlocutori il direttore artistico del Premio Luigi Tivelli e Pier Paolo Pittau, già inviato ed editorialista de Il Messaggero, oltre a Giovanni Russo, presidente della giuria che mercoledì prossimo assegnerà i premi, il quale, come per gli altri autori presenti a Sabaudia nel corso della manifestazione, ha letto la sua attenta e puntuale recensione sul libro. «Non sono uno storico né un saggista: il mio è un libro-sfogo - scrive Rea sulla quarta di copertina - legittimamente disordinato, che non esita qua e là a farsi favola, immaginando un mitico passato di glorie durante il quale l'Italia fu la "civiltà" e gli altri si chiamarono 'barbari'". Il libro - ha spiegato Rea ieri sera - è molto soggettivo, raccoglie malumori personali profondi, pensieri e speranze, quindi non cerco consenso alle mie idee. Idee che tracciano "l'uomo berlusconiano" come "colui che è sordo a cose evidenti che stanno accadendo. A fronte di ruberie e sconcezze c'è una quota importante di persone che vota Berlusconi. Questo per me è elemento di sconcerto inaudito» ha affermato Ermanno Rea che ha proseguito: «nel mio libro cito casi di comportamenti "anomali" che rappresentano schegge di italianità negativa che affiora anche in un italiano straordinario come Giacomo Leopardi, il quale non esitò a scrivere ad un principe della Chiesa per ottenere un'occupazione». Ma il tema di fondo del libro di Rea è la responsabilità che «non può essere delegata a nessun intermediario, tantomeno alla Chiesa o al Cesare di turno». «Ogni cittadino deve fare la sua battaglia - ha sottolineato Rea - credendo in se stesso ed eventualmente nel proprio dio, in un rapporto personale senza passaggi intermedi. Insomma ritornare a quel "cittadino consapevole" abbozzato dall'Umanesimo ma trasformato "in suddito perennemente consenziente nei confronti di santa romana Chiesa" dalla Controriforma. Lo scrittore ieri sera ha esposto alla folta platea che ancora una volta ha premiato l'evento organizzato dall'Amministrazione comunale di Sabaudia, la sua idea: «Dopo oltre quattro secoli, la "fabbrica dell'obbedienza" continua a produrre la sua merce pregiata: consenso illimitato verso ogni forma di potere. Da allora nulla è più cambiato». Le riflessioni storiche di Rea ed il suo appassionato atto d'accusa hanno comunque lasciato uno spiraglio all'ottimismo quando lo scrittore ha affermato: «Non sono pessimista – come alcuni mi accusano. Credo che l'Italia in futuro possa raggiungere lo stesso grado di civiltà degli altri stati europei ma è necessario che ritrovi le sue radici. Siamo in un momento difficile ed è necessario "un colpo di reni" affinché gli italiani possano sentirsi cittadini fino in fondo senza passare per mediatori di alcun genere». Sono state le domande del pubblico a Rea, nello spazio dedicato al question time, a chiudere l'ultima serata del Premio Sabaudia Cultura. Una manifestazione che ha raccolto grandi consensi e per la quale sia il sindaco di Sabaudia, Maurizio Lucci, che il direttore artistico del Premio, Luigi Tivelli, hanno espresso la loro soddisfazione volgendo già lo sguardo all'edizione 2012. La serata delle premiazioni di questa edizione, invece, è prevista per mercoledì 10 agosto, durante il Sabaudia Jazz. Sarà assegnato il premio della Giuria per la saggistica e per la letteratura migrante, il premio del pubblico per la saggistica e la medaglia d'argento della Presidenza del Consiglio.

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