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di LORENZO TOZZI C'era quasi da aspettarselo che prima o poi sarebbe andato anche lui a raggiungere in cielo il suo amico e rivale Maurice Béjart.

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Unadi quelle notizie che non si vorrebbero ricevere mai. Perchè Roland Petit in oltre mezzo secolo di produttività coreografica, aveva fatto sognare tutti con la sua danza, di base classica ma originalmente reinventata anche alla luce delle esperienze del music-hall francese e delle conquiste del moderno. L'avevamo visto l'ultima volta a dicembre quasi commuoversi dinanzi al pubblico dell'Opera di Roma che lo applaudiva calorosamente alla fine di un Omaggio a lui dedicato che comprendeva tra l'altro la sua leggendaria Carmen e l'Arlesienne, come spesso su musiche di uno dei prediletti autori francesi come Bizet. La sua è stata una vita interamente dedicata alla danza. Dagli studi alla prestigiosa Opéra di Parigi di cui divenne presto ballerino, sino alla fondazione di compagnie quali il Ballet des Champs Elysées (1945) e il Ballet de Paris (1948) accanto alla moglie Zizi Jeanmaire, sua prima splendida interprete, sino allo storico Ballet de Marseille, fondato nel 1972 nell'ottica lungimirante di un decentramento delle attività culturali francesi e poi diretto per ben ventisei anni. Indimenticabili alcune sue riletture di grandi balletti del repertorio classico, per cui basterebbe citare la originalissima Coppelia ambientata in un clima da operette nella provincia francese (con Petit ad interpretare il vecchio Coppelius come un nostalgico, solitario e romantico, stravagante inventore di automi) o lo Schiaccianoci con un viaggio nel regno di Konfiturenburg su una sorta di mongolfiera a guscio di noce. Come Mida ovunque metteva le mani, dalle vicende picaresche di Notre Dame de Paris alle raffinatezze del proustiano Les Intermittances du coeur a Le diable au corp creato per la Ferri, sapeva rendere oro il racconto. Molte le riduzioni da opere e partiture famose: oltre alla citata Carmen, la Dame de Pique concepita nel 1978 addosso alle squisite doti tecniche di un emergente Mikhail Baryshnikov e approdata anche a Roma. Ma tra le molte sue creazioni basterebbe ricordare solo quell'ancora attualissimo balletto esistenzialista Le Jeune homme et la mort concepito durante la guerra su un libretto di Jean Cocteau, un medaglione tragico sulla solitudine umana ed il senso di abbandono. Aveva sangue italiano (ligure) nelle vene Petit. Forse anche per questo nella sua compagnia non sono mai mancati, stabili o di passaggio, i maggiori talenti italiani della danza, da Luigi Bonino, oggi una sorta di suo erede spirituale, e Carlotta Zamparo ad Alessandra Ferri, Luciana Savignano ed Elisabetta Terabust. Non vedremo più il suo viso sorridente illuminato da uno sguardo intelligente, ma nel cuore rimarranno tutti i fuggevoli attimi di poesia che la sua danza ha saputo regalarci in più di mezzo secolo di vita. Adieu, Roland.

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