Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Le lettere bucoliche di Boccaccio

default_image

  • a
  • a
  • a

Poi,arriva una notizia - la pubblicazione della «Corrispondenza bucolica tra Giovanni Boccaccio e Checco di Meletto Rossi» (Edizione critica, commento e introduzione a cura di Simona Lorenzini, Olschki, pp. 232, euro 27) - ed eccoci tutti impegnati nella ricognizione del Giovanni Boccaccio raffinatissimo umanista, spesso e volentieri oscurato dall'autore del «Decamerone». Che, intendiamoci, è anch'egli un "umanista" di squisita fattura perché nulla di ciò che è umano gli è estraneo e sa illustrarlo grazie a una raffinata elaborazione creativa ed espressiva, insomma ad una "scrittura" che contribuisce a rafforzare l'identità letteraria e le infinite possibilità "sperimentali" del volgare, già mirabilmente esaltate da Dante e Petrarca. E tuttavia, da umanista, diciamo così, "militante", lo scrittore di Certaldo non poteva esser pago delle sue pur eccellenti "incursioni" nella nuova lingua letteraria, ma ci teneva, e molto, a riservare i propri "esercizi di ammirazione" ai classici e alla loro straordinaria "eredità di affetti". Ovvio che il modo migliore per attestare la propria grata reverenza nei confronti degli "auctores" doveva procedere dall'arduo cimento con lingua latina, secondo consacrati moduli letterari. Come, appunto, il genere bucolico, ripreso nel 1300 da Dante e da Giovanni del Virgilio, e rielaborato da Petrarca, e che vede qui impegnato Boccaccio in una corrispondenza poetica col "collega" Checco di Meletto Rossi. Certo, il campo è quello della "conversazione" erudita: e il lavoro di scavo filologico condotto da Simona Lorenzini - tra codici ed apparati critici, verifica delle fonti e note, indagini storico-letterarie e confronti con testi coevi - parrebbe cosa per "happy few", dunque lontana da quel pubblico medio, soprattutto giovanile, per cui il Boccaccio "è" quello del "Decamerone", o meglio quello di alcune novelle particolarmente colorite, divertenti e scollacciate, da sempre celebri. O magari quello di «Bop Decameron», il film cui sta lavorando Woody Allen, popolato di "stars" come Roberto Benigni, Riccardo Scamarcio, Penelope Cruz, Antonio Albanese ecc. Tanti auguri a Woody, anche perché dovrà vedersela con una "eredità" ingombrante: giusto cinquant'anni fa, Federico Fellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Mario Monicelli ci dettero un "Boccaccio '70" di spassosa genialità. Insomma, il regista americano- un po' "bollito" negli ultimi tempi-sarà all'altezza? Ma questo lo vedremo. Nell'attesa non è male mettersi a leggere il «Decamerone»: e leggerlo non significa limitarsi a rileggere le avventure dello stralunato Calandrino o le novelle ad alto tasso erotico-pruriginoso con donne ben poco madonne, amanti prestanti e mariti cornuti e magari contenti. Ma avventurarsi appunto nell'immensa commedia umana creata dal Certaldese. Se poi nel cervello resta un po' di spazio, perché non farci entrare anche l'umanista? Un fior di umanista, per dirla con un po' di enfasi: primo docente universitario di greco che ci sia stato in Italia (fu chiamato allo studio fiorentino di Leonzio Pilato) nonché autore di enciclopedie come il «De casibus virorum illustrium», «De claris mulieribus», «De genealogiis deorum» ecc., vere e proprie corone d'alloro per l'appassionato cultore della lingua latina.

Dai blog