Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di CARMINE MASTROIANNI Chiusura in bellezza per l'edizione 2011 di «Poiesis», ideato dalla frizzante Francesca Merloni e arrivato alla quarta edizione.

default_image

  • a
  • a
  • a

L'incontrocon l'intellettuale è stato l'occasione non solo per presentare il suo "America amore" (Adelphi) ma per fare un inedito ritratto di sé: dalle esperienze letterarie degli anni americani a quelle umane e professionali con Pasolini, Gadda, Warhol e Allen. Chi è oggi Arbasino? Tante belle cose, spero, ma anche un sopravvissuto. A chi? Ad una generazione di intellettuali, di amici e di maestri. Forte era il rapporto con Calvino, Pasolini e Parise. Si scherzava, da giovani, sulle cose che avremmo fatto, su ciò che ci saremmo detti da vecchi, ma loro non hanno avuto il privilegio di essere qui con noi; ci hanno lasciati prematuramente, alcuni per morte naturale, Pasolini assassinato. Io sono il superstite di quel gruppo. Pasolini era un grande autore, ma anche un uomo con le sue debolezze. Le aveva. Ricordo le serate insieme con la Morante e i due De Chirico in giro fra il "Bolognese" e il "Caffè Rosati" a Piazza del Popolo. Lui ad una certa ora cominciava a diventare nervoso, ad agitarsi. Noi lo capivano al volo. La Morante allora gli sussurrava di andare, di correre a cercare i suoi ragazzi prima che andassero a dormire. Non era scandaloso? Tutti sapevano dei suoi appetiti sessuali, ma non c'era scandalo. Prima della rivoluzione culturale del '68 le ragazze se ne stavano tappate in casa, per gli uomini era difficile sfogare le pulsioni sessuali se non tra loro stessi. Paradossalmente proprio a rivoluzione ultimata sono nate le etichette che hanno diviso i cosiddetti gay dagli etero. L'America è l'"amore" che porta dentro. Due incontri particolari. Il primo con un Andy Warhol già all'apice della notorietà, il secondo con un misconosciuto Woody Allen. Del primo ricordo la stravaganza. Lo vedevo più volte nei suoi locali, rumorosi, illuminati e coloratissimi. Aveva un naso che colpiva, spugnoso, e un aspetto surreale, una pelle dal colore argenteo che gli serviva a nascondere gli anni, ma eravamo coetanei. E Allen? Io e Inge Feltrinelli lo abbiamo adocchiato alle sue prime armi in uno di quei ristorantoni newyorkesi dove si esibiva in pezzi da cabaret, i plays, divertentissimi, ma era uno sconosciuto, uno dei tanti insomma. Ricordo che Inge a Milano, anni dopo, si divertiva a raccontare che io e lei avevamo scoperto Allen e gli amici a ripeterci in coro: "Ma Allen lo sa che voi lo avete scoperto?". Ma lei che cosa ha dato alla scrittura, sia quella narrativa che quella giornalistica? Non i puntini sospensivi di Celine, una sua caratteristica anche quando parlava, facendo lunghe pause. Io credo di aver inventato due cose: il corsivo per le parole straniere e il virgolettato per quelle italiane a cui si voleva dare enfasi. Il che faceva infuriare Eugenio Scalfari. Oggi sono diventate prassi. Quali sue interviste ricorda di più? Quelle a Gadda. Negli ultimi tempi non aveva più voglia di firmare su La Stampa, alla quale era legato da un contratto per un pezzo al mese. Si era arrabbiato perché gli avevano titolato un articolo su Carlo Crivelli evocando il cetriolo. Allora imposero a me di intervistarlo. Ma pagavano lui, che aveva bisogno di soldi. A me neanche una lira.

Dai blog