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Mammina cara

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diSARINA BIRAGHI Mamme reazionarie o mamme femministe? Mamme tigri o mamme cattive? Per chi è stata ed è, a detta dei propri figli, una mamma-signorina Rottermeier (chi non ricorda la rigida governante della pastorella Heidi?), i due modelli sono perfetti per fondersi in uno stile materno molto deciso, che non mette al centro la prole, non si lascia schiavizzare da ciucci, culetti rossi, pappe sputate o pianti notturni, non disponibile a cedimenti o compromessi malgrado le richieste lamentose dei pupi. Un tipo di donna per la quale essere madre non è un dovere né un mestiere e che, pur non trascurando il resto del mondo, si dedica razionalmente al benessere generale dei figli, per due buoni motivi: li ha voluti e li ama da morire. Non tutte le madri italiane condividono la filosofia perché distante dal modello «chioccia» che tanto è radicato nel Belpaese e che è lontanissimo da quello proposto dalle autrici americane di due libri che hanno diviso, comunque, anche le donne d'olteoceano. Amy Chua, docente cino-americana di legge, ha scritto «Il ruggito della mamma tigre» (Sperling&Kupfer, pag. 240) mentre Ayelet Waldman è l'autrice di «Sono una cattiva mamma» (Rizzoli, pag. 270). La Chua ha sollevato un vespaio di polemiche con il suo libro-diario, non un manuale per genitori ci tiene a sottolineare, in cui racconta i tradizionali metodi educativi cinesi («la disciplina più disciplina del mondo»), utilizzati per educare le sue due figlie Sophia e Lulu, che hanno oggi diciotto e quindici anni: imporre di studiare e studiare (anche uno strumento musicale) senza distrazioni, pretendere sempre il massimo e non lesinare punizioni anche severe come vietare di vedere le amiche, vedere la tv o di giocare. L'inflessibile «mamma tigre» ritiene che educare al meglio i figli e proteggerli non sia rassicurarli continuamente, assecondarne le predisposizioni ed evitare loro le difficoltà per non intaccare l'«autostima», bensì far capire che bisogna puntare sempre all'obiettivo più alto per acquisire quella sicurezza personale che niente e nessuno potrà mai scalfire. Sarà pure una provocazione, ma il libro di Amy Chua ci costringe a confrontarci con mondi diversi dal nostro ma ormai strettamente connessi grazie alla globalizzazione, e con una disciplina e una severità un po' sorprendenti per noi ma innegabilmente sorrette da tanto amore. «Bad Mother» è il bestseller DI Ayelet Waldman, madre di quattro figli, che ha spaccato in due gli States. Mentre l'Huffington Post lo ha definito «un must per ogni madre del pianeta», per Elle è «terrorismo letterario». Forse perché la Waldman si fa una domanda e si dà una risposta chiedendo se al giorno d'oggi esiste ancora la supermamma. Nel suo «Sono una cattiva mamma», l'autrice americana elimina ogni dubbio: la supermamma non esiste anzi, «una mamma meravigliosamente imperfetta è l'unica cosa di cui hanno bisogno i nostri figli». E bisogna convincersene buttandoci dietro le spalle sensi di colpa e ipocrisia perché le mammine care con «i bimbi sono meravigliosi, la tata è un angelo e al lavoro mi danno molta fiducia», nella realtà non esistono. Secondo la Waldman se si è una mamma in carriera, di sicuro si trascureranno i doveri di madre. Se però si rimane a casa si diventa una presenza opprimente per i figli, con i quali si è sempre combattute se imporre regole e divieti o lasciar correre. Con il risultato che, se si eccede nel primo atteggiamento educativo, cresceranno insicuri, mentre se li si vizia, a tredici anni spacceranno droga nel parco. Insomma, si può essere sempre una cattiva mamma qualsiasi scelta si faccia, perché ognuna di noi è destinata a fare i conti con il senso di inadeguatezza provocato dal confronto con il modello inarrivabile della buona mamma che «da bravo angelo del focolare, serve frutta fresca a colazione, che adora giocare con i suoi bambini, che prepara la torta per la merenda e che non è mai stanca per fare sesso con il papà». «Sono una cattiva mamma» è la spiazzante, spassosa e sincera risposta di Ayelet Waldman alla pattuglia Anti-Cattiva Madre che si era mobilitata negli States, gettando la scrittrice sulla graticola dei blog e dei giornali, dopo che lei aveva trovato il coraggio di chiedersi pubblicamente cosa vuol dire oggi essere madre, giungendo ad affermare sulle colonne del New York Times di amare il marito più dei propri figli. Tigre, in carriera o femminista? Non fa differenza, la mamma è unica e c'è. Sempre. Comunque.

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