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IL GIRADISCHIa cura di Stefano Mannucci

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Orache è primavera, queste canzoni brillano ancora nell'aria luminosa come acquerelli senza tempo, non importa se siano state composte decenni fa o se di recente scrittura. Merito dell'amore che Lando Fiorini coltiva da sempre per il patrimonio musicale capitolino, un tesoro da altri troppo spesso mortificato come espressione pseudo-folklorica di second'ordine. Per qualche misteriosa ragione, la canzone romana è costantemente costretta a garantirsi una propria credibilità, come se non avesse "appeal" al di fuori della città. Date un'occhiata negli scaffali dei negozi di dischi e la troverete confinata tra le proposte di "musica regionale". Un oltraggio, visto che la sua caratteristica è l'universale qualità poetica e compositiva che la contraddistingue, semmai penalizzata - nel mondo - da certi riduttivi arrangiamenti da pianobar. Lando, lodevolmente, ha portato a compimento un'operazione di opposto segno: restituendo smalto, freschezza, originalità e colore ai 14 brani selezionati, tra classici, standard e riproposizioni di gioielli poco noti al grande pubblico. E lo ha fatto grazie a un "piccolo aiuto" di amici attori e cantanti, con i quali ha duettato in studio (le registrazioni hanno avuto luogo nell'arco di due anni), con gli arrangiamenti riuscitissimi di Vincenzo Romano e la vitalità di uno splendido 94enne come Armando Trovajoli, che a detta di Fiorini in studio e davanti al pianoforte si è comportato come "un leone". Quella tra i due è del resto una frequentazione molto speciale, che risale al 1962, quando il Maestro scelse il giovane artista per una parte nell'indimenticabile prima messa in scena di "Rugantino". Qui ritroviamo quattro temi da quel capolavoro, "Ciumachella de Trastevere" (che era il cavallo di battaglia di Fiorini nella commedia musicale di Garinei e Giovannini), "Tirollallero", "È bello ave' na donna dentro casa" (torna alla memoria l'esecuzione struggente e ironica di Aldo Fabrizi nei panni del boia Mastro Titta), e la perla della corona, una "Roma nun fa la stupida stasera" in coppia con Sabrina Ferilli, la più recente fra le interpreti del personaggio principale femminile, Rosetta. Poi ci sono le cose sciorinate in compagnia di altri pezzi da novanta della scena pop della capitale: un'evocativa "Roma capoccia" con Venditti, una preziosa "L'urtimo amico va via" targata Califano (e Franco era arrivato in studio giurando che non aveva voglia di cantare, ma naturalmente è finita in modo diverso), una suggestiva "Fijo mio" insieme con Amedeo Minghi (e anche qui il testo è del Califfo, sulla cui grandezza poetica un giorno o l'altro bisognerà organizzare un simposio), un'apprezzabile "Roma spogliata" in compagnia dell'autore Luca Barbarossa, e una "Ninna nanna della guerra" che era uscita dalla penna di Trilussa nel 1914 e riattualizzata con la musica di Claudio Baglioni, anche lui ospite di Lando. C'è poi tutto un settore di evergreen: come la "Chitarra romana" eseguita con Alex Britti, che qui si ingegna da par suo, "Quanto sei bella Roma" intonata con cuore e anima da Loretta Goggi. C'è anche Serena Autieri (partenopea, ma non guasta) nell'introduttiva "Ti presento Roma mia", ma su tutto spiccano le due cose più riuscite dell'album: una ribalda "Nun je da retta Roma" cantata da Gigi Proietti con la stessa potenza con cui la affrontava, a metà degli anni Settanta, nella "Tosca" cinematografica di Magni (Fiorini confessa quanto sia stato difficile star dietro nel duetto a quella voce così piena), e una bellissima "Sotto le stelle", una delle serenate create dal padre di tutta la musica popolare romana, Romolo Balzani, cantata in modo commovente da Tosca. E dal trasteverino Lando, che come pochi altri incarna lo spirito perduto della nostra città. Voto 4 su 5

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