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Primavera romana nelle altane

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diLIDIA LOMBARDI Adesso che il cielo è azzurro primavera gli occhi li alziamo volentieri. E allora scopriamo scorci della città che abbiamo dimenticato nei mesi sotto l'ombrello. Capricci architettonici che identificano un palazzo, un angolo di Roma con tanto carattere da non poter mai trovare qualcosa di simile. Sono le altane questi vezzi di costruttori e di padroni di casa ambiziosi. Sono i belvedere issati sopra la terrazza. Le logge e loggette che le arcate rendono leggere, facendo trapassare da una parte all'altra le nuvole e i raggi di sole. In principio erano di legno, come a Venezia. O usate a fare da quinte nei conventi di clausura, come in Sicilia. Il motivo della loro fortuna, fornire un punto d'osservazione privilegiato, dal quale guardare senza essere visti. E nella Capitale? Un suggello di blasone per i nobili che potevano spaziare lo sguardo sui sette colli. Un segno di ricchezza e di carisma, per lo svettare sopra i tetti e sopra le terrazze. E infatti sul fronte dell'altana la famiglia incideva il proprio nome, un'eco di potenza da far leggere da tutti, il più lontano possibile. Così, se in piazza Venezia, dando le spalle al Vittoriano, guardate verso il Corso, ecco spuntare, aereo, il nome di Bonaparte. È l'altana chiara del seicentesco palazzo D'Aste Rinuccini. Napoleone la fece costruire a sua gloria in quel primo decennio dell'Ottocento che lo vide signoreggiare sulla città del Papa. E fino al 1818 ci visse (e ci morì) Letizia Ramolino, madre del francesee, che aveva pagato l'edificio 27 mila piastre d'oro. Nel 1905 fu venduto alla famiglia Misciarelli. Ma la scritta in lettere d'oro sull'altana, quel magniloquente Bonaparte, restò. In piazza di Pietra un'altra altana è il biglietto da visita di una casata. Ferrina, reca la scritta lassù. E dice dei Ferrini, i nobili venuti dall'Umbria che vollero il palazzo, disegnato nel Seicento da Onorio Longhi e poi ritoccato da Ferdinando Fuga. Mentre il portale ricorda con l'iscrizione sul travertino un altro illustre proprietario, il conte Giuseppe Cini. Ora è sede di studi legali e casa di ricchi inquilini. Che hanno fatto affacciare dall'altana, accanto agli abbaini, un piccolo tricolore. Ancora cento passi ed ecco un altro belvedere. Piazza Colonna, palazzo dei marchesi Ferrajoli, firmato nel Cinquecento da Giacomo della Porta. D'obbligo l'altana. Per affacciarsi su via del Corso e sbirciare il via vai delle carrozze se non il parapiglia dei berberi in corsa durante il Carnevale. E per guardare, di fronte, il torrino del Quirinale e dall'altro lato della piazza Palazzo Chigi e le stanze della politica. Piazza di Spagna, Villa Medici e gli alberi di villa Borghese sono la vista dall'altana di Palazzo Ruspoli. Un osservatorio privilegiato, perfetto per un magister elegantiarum qual è Carlo Rossella. E così la principessa Claudia Ruspoli l'ha affittata, soddisfatta, al presidente di Medusa Film. Ma il trionfo delle logge capitoline è tutto sui lungotevere. Occhiaggiano dai ponti, tra i rami dei platani tornati verdi. Leggiadre a volte, pretenziose altre. Neoclassica e bicolore quella di palazzo Blumensthil, in via Vittoria Colonna 1, all'altezza di Ponte Cavour. Addirittura in tre lati dell'edificio di fine settecento a Passeggiata di Ripetta, sullo snodo che conduce da un lato a piazza del Popolo, dall'altro a via Cola di Rienzo. Enorme e sinuosa, con le arcate chiuse, quella in piazzale delle Belle Arti, sul palazzo che ospita anche l'Ordine dei Commercialisti. E via, verso il Foro Italico, nei condomini borghesi di piazza Antonio Sarti. Dall'altana fu intrigato anche l'immaginifico eclettismo di Gino Copppedè. L'architetto che diede il nome al mini-quartiere in via Tagliamento si sbizzarrì a palazzo degli degli Ambasciatori con un'altanina popolata di bizzarri personaggi. Decine di altre logge regala Roma: dal Palazzo Lateranense all'Altemps Riario, da quello Mattei di Giove al Falconieri. Fino ai villini Maccari, in via Sallustiana, e a quelli Robertini e Roy, entrambi in via Crescenzio. Andate col naso all'insù.

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