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Il dolore in diretta fa male alla tv

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Dopole sparate di Busi (la settimana scorsa) la bella Barbara con il suo «Stasera che sera» ha cercato di colpire il pubblico un'altra volta. Che però, per fortuna, non l'ha premiata, perché quella che i sociologi chiamano la «tv del dolore», francamente, ha rotto. Domenica sera il pubblico ha scelto la fiction «La Narcotici - Caccia al Re», che schierava nel cast Ricky Memphis e Gedeon Burkhard, volente o nolente uno dei più famosi attori tedeschi. Il nome non se lo ricorda nessuno, ma il viso sì: è il primo «padrone» del Commissario Rex, poi si è fatto tutte le fiction di successo germaniche: Squadra Speciale Lipsia, Cobra 11 e via dicendo. Ha totalizzato più del 20 per cento di share e cinque milioni di spettatori. La D'Urso si è fermata alla metà. Segno che la storia drammatica non ha catturato. Domenica sera ha fatto uno strepitoso risultato su Italia 1 «Wild» con 2 milioni 829 mila spettatori e il 14,42 di share. La parte sua l'ha fatta anche anche l'«Elisir» di Michele Mirabella su Raitre. Ma allora, lasciando perdere l'etica, la morale e i discorsi filosofico-televisivi, viene da chiedersi: perché mandare il dolore in diretta? Se «Stasera che sera», con il caro Nuti messo in video come mai nessuno l'avrebbe voluto vedere, viene doppiato da una fiction con un attore del quale nessuno ricorda il nome, se si trova in più sorpassato dal documentario di un deficente che sguazza in una palude mangiando fette di coccodrillo, se addirittura il programma arranca sentendo sul collo il fiato del professor Mirabella che parla di lombaggini e supposte, allora, qual è il perché del dolore in diretta? Nel «pacchetto» mettiamoci anche le tante trasmissioni che a turno (Rai e Mediaset) ci martellano con famiglie spezzate da lutti, con storie tragiche, con persone che piangono che nulla hanno da fare oltre che mostrare il loro dolore. E, per favore, mandiamo a occuparsi di ippica quella giornalista che a gente disperata mette il microfono sotto il naso domandando: «Cosa si prova?». Il dolore fa solo male: la tv deve far piangere, ridere, informare e far pensare con intelligenza. Se mostra gente che soffre e basta rischia di fare come certi film di serie b, che un minuto dopo che sono finiti, nessuno li ricorda più. Speriamo che il caro Nuti, l'altra sera, si sia divertito, passando, almeno una volta, almeno lui, una sera diversa.

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