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IL GIRADISCHIa cura di Stefano Mannucci

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L'industriadiscografica non poteva certo esimersi dal balletto macabro sulle spoglie di MIchael, come era già successo a molte delle divinità pagane del rock: di Hendrix, per dirne uno, furono pubblicati cumuli di dischi riempiti di ciarpame vario e di nastri ripescati furtivamente dalla spazzatura, prima che una fondazione autorizzata dalla famiglia decidesse in tempi recenti di riordinare l'archivio dei tesori inediti di Jimi. Per Jackson, ovviamente, non si potevano attendere decenni: e la speculazione industriale su un morto di tale celebrità non può che rivelarsi lucrosissima. Dopo la sua prematura e controversa scomparsa, Michael è tornato a essere quella gallina dalle uova d'oro che nella seconda parte della sua carriera era parsa decisamente spennata. Prima è arrivato il film delle prove della tournée che non ha fatto in tempo ad affrontare, ora il cd che documenta i suoi tentativi di tornare sul trono dopo i fasti di quasi trent'anni fa. Queste dieci canzoni sono una specie di sua agenda di lavoro degli anni zero, eccezion fatta per la zuccherosa ballata finale, scritta e buttata via proprio all'epoca di "Thriller". Da Teddy Riley a David Campbell, una serie di produttori e arrangiatori d'eccezione (come avrebbe potuto essere altrimenti?) hanno lavorato alla rifinitura dell'opera, all'assemblaggio di quelli che erano grezzi "demo", hanno verniciato i suoni delle canzoni incompiute. Su internet erano comparse già da tempo due cose tra le migliori: l'iniziale "Hold my hand" (primo singolo di questo nuovo album) cantato in duetto con il rapper senegalese Akon, che si è preso cura di perfezionare il brano; e il rockaccio gagliardo di "(I can't make it) another day", dove il sangue e il sudore lo forniscono Lenny Kravitz e la batteria di Dave Grohl (ex Nirvana e adrenalinico leader dei Foo Fighters). È, per intenderci, il pezzo "fuori binario", sporco e maledetto, che in altre occasioni Michael aveva fatto suonare a star della chitarra come Slash ("Black or white") o Eddie Van Halen ("Beat it"). Su altre tre canzoni si è aperta una controversia volta a chiarirne l'autenticità della firma e della voce di Jackson, tanto da costringere la Sony a una lettera pubblica di difesa dell'opera, attraverso le testimonianze dirette dell'artista. Si era infatti sparsa la diceria - attraverso un tabloid inglese - che a registrare questo trittico datato 2007 fosse stato un imitatore italiano di Jackson, in uno studio svizzero. La replica ufficiale - piuttosto documentata - vuole che Michael abbia inciso queste canzoni a casa della famiglia Cascio nel New Jersey, proprietaria di un famoso albergo di New York. Alle spalle di Manhattan il Nostro andava spesso a nascondersi e a cenare con i Cascio, e in quella stessa casa sarebbero nate la poderosa "Monster", impreziosita dal duetto con il rapper più in vista in quell'anno, 50 Cent, la più mistica "Keep your head up", e la nevrotica "Breaking news", dove il Re del pop parla in modo sospettosamente profetico dell'insistenza dei media sulla sua vita: quasi un testamento ante litteram. A completare il cd, l'ostinazione dance di "Hollywood tonight" (questa è dalle session di "Invincible", 2001), la precaria - nel senso della compiutezza - "(I like) the way you love me", l'eterea "Best of Joy" (Michael ci stava lavorando proprio nei giorni precedenti il suo decesso), e l'eccentrica "Behind the mask", scritta illo tempore dalla Yellow Magic Orchestra del genio delle tastiere Ryuichi Sakamoto con l'aggiunta di un testo di pugno di Jackson. Per il resto, è come immaginereste un qualsiasi album minore del Nostro: profusione di beatbox, falsetti, urla bianche, groove. Se oggi lui fosse ancora vivo, come l'avremmo accolto? La critica probabilmente avrebbe demolito questo cd, giudicandolo come l'ennesima prova dell'inarrestabile declino di Jackson. Con lui chiuso nel sepolcro, e sotto Natale, l'effetto è di inevitabile buonismo. Con buona pace di chi ha avallato questa operazione, e che già conta i miliarducci. Voto 3/5 (alla memoria, altrimenti sarebbe stato un 2)

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