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Luce sulle foto dei Papi

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Unpatrimonio da conservare. Per questo c'è il progetto di restaurare tutti i negativi, e poi magari digitalizzarli, l'unico modo conosciuto per preservare l'immagine dall'incuria del tempo. Negli anni, i negativi in pellicola 35 mm, utilizzati soprattutto durante il pontificato di Giovanni Paolo II (6 milioni di scatti dedicati al suo Pontificato), si sono usurati, fino a presentare delle piccole macchioline gialle: è necessario ripulirli. Si sono conservati meglio nel tempo gli antichi supporti in lastra di vetro, ma anche questi vanno restaurati e restituiti al loro originario splendore: alcuni sono persino spaccati a metà. L'unica parte del fondo che si salva è l'ultima, relativa a Benedetto XVI, che dal 2006 è gestita completamente in digitale. Ma sono la minoranza delle fotografie. Il Servizio Fotografico dell'Osservatore Romano nasce come un'iniziativa privata negli anni Trenta, quando Francesco Giordani, fotografo, inizia la sua attività in Borgo Vittorio, vicinissimo al cancello di Sant'Anna e quindi all'entrata del Vaticano. Una vicinanza che gli permette spesso di lavorare in ambienti ecclesiastici. Sono sue alcune delle rare immagini di Papa Pio XI, privilegio che gli fa ottenere il titolo di «Fotografo Pontificio»; inoltre il suo studio è considerato come «servizio fotografico» del giornale ufficiale del Vaticano, l'Osservatore Romano, per quelle pochissime foto che in quel tempo vengono pubblicate dal giornale del Papa. Giordani va in pensione come dipendente del giornale della Santa Sede il 28 febbraio 1977, e cessa anche la sua attività. Nessuno rileva il suo studio, e così Giordani lascia al Vaticano l'archivio raccolto in tutti questi anni e da lui conservato nel suo studio; dopo qualche tempo, tutto l'archivio di Giordani viene messo sotto l'amministrazione dell'Apsa, in Vaticano. Nasce così il Servizio Fotografico. La sede è nel palazzo dell'Osservatore Romano, mentre lo sviluppo e stampa viene affidato a un laboratorio sulla Portuense, TS2. Per oltre vent'anni, le pellicole vengono portate dal Vaticano sulla Portuense per lo sviluppo, e poi riportate indietro. Nel 1983, il Servizio Fotografico viene spostato nei Musei Vaticani, nella sezione fotografia, dove viene in parte inventariato e valutato, ma non viene ritenuto di interesse museale, e per questo viene abbandonato, fino al 1999, quando viene trasferito al Servizio Fotografico dell'Osservatore Romano. Mentre è solo nel 1997 che il Vaticano si dota di un laboratorio interno di sviluppo e stampa. I vecchi negativi a colori, fino al momento custoditi presso il laboratorio TS2, vengono allora trasferiti in Vaticano, e lì inventariati e raccolti in album. Quelli in bianco e nero, utili per il giornale, vengono invece in parte sviluppati in Vaticano, in parte all'esterno, e restano contenuti dentro una serie di scatole rosse con sommarie indicazioni di riferimento. Una storia rocambolesca, che spiega la necessità di inventariare i tre fondi di cui è composto l'archivio (il fondo Giordani, quello Giovanni Paolo II e quello Benedetto XVI), restaurarli e poi archiviarli in digitale. Un lavoro dal costo stimato di circa 3 milioni di euro, che promette di durare più dei cinque anni preventivati. E allo stesso tempo un lavoro necessario per recuperare con gli scatti la memoria di un pezzo di storia.

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