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Mussapi insegna il senso del mito È saper rivelare l'altrove

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Roberto Mussapi ha fatto della pluralità dei temi trattati il carattere bruciante della sua scrittura: poeta del mito, del passato che rivive a pieno, che duplica un gesto, un'azione, un mondo sottaciuto. "Gita meridiana" (Jaca Book, Milano 2009) è stato un libro che ha segnato una netta demarcazione, all'inizio degli anni Novanta.   Oggi viene riproposto e una volta di più si capisce specie la dimensione allegorica e metafisica. Mussapi, sulla scia della tradizione europea che si affida alle vicende memoriali, "rievoca" la morte e un dialogo seducente tra i vivi e i morti. Si pensi a versi come: "E i morti risorgeranno nel breve splendore / aperto sugli occhi delle persiane spalancate, / vincendo il suono del risveglio abituale / nel segreto del tempo, tra le lancette e l'ora / la loro luce cadrà a piombo sulle pupille nate". L'ispirazione del titolo nasce dalla vicenda che ha portato alla scoperta della tomba del Giovane Principe ad opera del paleontologo Giacomo Giacobini, avvenuta a metà degli anni Ottanta. Mito e mitologia (e perfino mitografia), visionarietà, salvazione dentro un linguaggio teso in alto, fanno di "Gita Meridiana" una struttura poetica che si avventura nella rivelazione più profonda, in un baluginante incontro con l'altrove: "Chi li visiterà, i perduti? Scaglie di sole, / brandelli di memoria raggiungeranno il loro silenzio, / come accade ai dormienti, i miei morti / avranno visite incorporee, fuggite dal giorno?". Alessandro Moscè

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