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Presi nella rete

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Sel'accendi, lo stoppino brucia in un attimo e la bomba scoppia. Attenzione a maneggiare Facebook, il passatempo quotidiano che è meglio di una bicchierata con gli amici o di un tête-à-tête con la ragazza. Può anche causare la follia, il social network: come quella di un carabiniere che proprio ieri ha sparato alla figlia di 13 anni, uccidendola. Una sfuriata cominciata perché lei era in Rete. Così, le insidie della piazza virtuale sono lobotomizzate da Marisa Marraffino in «Come non perdere il lavoro, la faccia e l'amore» (ed. Cantagalli). E l'autrice (avvocato esperto in cyber crime) insegna a manovrare Facebook usando come paradigma una serie di scivoloni ormai comunissimi: la diffamazione, il tradimento coniugale, il licenziamento per giusta causa in seguito a un imprudente utilizzo delle mail o di skype durante l'orario di lavoro. Marraffino lo fa «con il cuore in mano». A ogni «grana» giudiziaria corrisponde un racconto, che ha per protagonisti tutti noi: i ragazzini giudicati dal Tribunale dei Minori per aver sbeffeggiato la bidella nel blog sono i nostri figli. Il marito che ha agganciato l'amante creandosi un doppio profilo e viene liquidato in divorzio dalla moglie può essere quello dell'amica del cuore. L'impiegata impigliata in Facebook nella pausa-pranzo e licenziata su due piedi l'alter è ego di ciascuna. Si sbaglia senza sapere. Quel che è peggio, con la Rete si sbaglia per solitudine.

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