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L'amico tedesco di Mussolini, tra storia e intrighi

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Araccontare la sua vita è la figlia Sibyl - nata a Lugano anche se per lavoro gira tra la Lombardia e la Toscana - che ha svelato i segreti dell'archivio paterno nel libro «Il Barone» (Ipertesto edizioni, pp. 432, euro 25 con prefazione della psicoterapeuta Maria Rita Parsi). Tanti gli incontri privati del padre con i più grandi personaggi dell'epoca: Lenin, Rasputin, d'Annunzio, von Bismark, la Sarfatti, fino a Mussolini e a Leone XIII. Dopo aver subito le persecuzioni da parte del regime nazista, il barone riuscì a scappare dalla Gestapo, cercando in tutti i modi di fermare l'avanzata del nazismo e diventando parte attiva nell'attentato a Hitler (operazione Valchiria). In lotta perenne contro l'antisemitismo, von der Schulenburg non fece mai mistero della sua simpatia per il duce, che cercò sempre di convincere a non allearsi con Hitler. Nel 1922 incontrò Margherita Sarfatti, donna di grande cultura diventata influente anche negli ambienti politici per via della sua relazione con Mussolini. Da quel momento, i rapporti tra il barone e il Belpaese si strinsero fino a realizzare un ponte culturale Italia-Germania, grazie anche alla rivista «Italien», da lui diretta e destinata a far conoscere ai tedeschi la nostra cultura. Nel 1929 Margherita Sarfatti si rivolse proprio a Schulenburg perché scrivesse un articolo per la rivista fascista «Gerarchia» e fornisse così agli italiani una prima idea del nazionalsocialismo. Mentre su «Italien», oltre alla Sarfatti, scrissero autori del livello di Grazia Deledda, Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli, Alfredo Panzini e tanti altri. Gli incontri con Mussolini gli avevano confermato l'impossibilità d'imprigionare in uno schema la molteplicità italiana. Nell'autunno del 1927, dopo la sua visita a Palazzo Chigi, scrisse che quando entrò nella vastissima sala vide «dietro alla grande scrivania posta nell'angolo un uomo di statura media che si procurava un po' di movimento battendo i piedi, come sono soliti fare gli operai nei giorni di gran freddo. Quando mi avvicinai alla scrivania, mi ricevette Napoleone. Non molto più tardi venni esaminato da un maestro elementare, dopo di che ebbi a che fare con un capitano d'industria che, nel corso del colloquio, cedette il posto a un cardinale. Dopo quest'ultimo, parlò in modo compassato e bello un umanista fiorentino e la chiusura fu fatta da una vecchia, bonaria signora con molta comprensione umana ed una punta di cattiveria». Din. Dis.

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