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Erano le 21,11 del 21 agosto 1960.

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Asoli quaranta secondi dall'inizio della trasmissione accadde l'irreparabile. Riva, in smoking, era pronto ad entrare in scena. Si trovava su un alto praticabile di legno posto sul lato sinistro del palcoscenico e dal quale, scendendo lungo un piano inclinato, avrebbe raggiunto il microfono reggendo un'accesa fiamma olimpica, visto che l'evento dell'anno, che sarebbe iniziato qualche giorno dopo, era l'Olimpiade di Roma. Il praticabile sul quale si trovava il presentatore era unito al restante blocco del palco orchestrale da una incastellatura ricoperta di tela. Si trattava di una costruzione scenica di uso corrente con tanto di appositi cartelli di pericolo ben esposti. Avvertimento che gli era stato ripetuto prima dell'incidente. Ma l'Arena gremita da venticinquemila spettatori, l'emozione della diretta, l'ansia e la gioia di un nuovo trionfo, giocarono un brutto scherzo al presentatore. Mario Riva mise un piede su quella striscia di tela. Frazioni di secondo, un urlo, un pesante rotolare, una caduta di un paio di metri ma in grado di fare danni molto seri. Fu un attimo. Garinei balzò ad avvisare Gorni Kramer, al centro dell'orchestra e ignaro di tutto, Giovannini catapultò Miranda Martino sul palco. I titoli di testa erano già passati, le telecamere erano sul totale dell'Arena. La Martino, cantante in gara, si improvvisò conduttrice, supportata da Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. I cantanti erano sotto choc, Riva era stato prontamente soccorso ma non arrivavano notizie. Si offrì di condurre la serata Renato Rascel, ma gli autori si opposero perché la sua canzone era ancora in gara. Pubblico e telespettatori vennero tenuti all'oscuro e la serata in qualche modo continuò, grazie all'abilità degli autori, alla disponibilità di Miranda Martino e al mestiere di Rascel che alla fine si aggiunse, riuscendo a far cantare a quella sterminata platea «Domenica è sempre domenica», sigla del «Musichiere». All'ospedale civile di Verona iniziava la lunga battaglia per la vita di Mario Riva. Per una intera settimana si alternarono notizie preoccupanti e rassicuranti, cadute e riprese, arrivo di nuovi medicinali e mancate intuizioni. La cartella clinica del quarantasettenne presentatore si presentava più critica del previsto già in partenza. Morì il 1 settembre, epitaffio di un anno che già aveva visto la prematura scomparsa di Fausto Coppi e Fred Buscaglione. Due giorni dopo, il 3 settembre, la salma arrivò a Roma. Nella chiesa del Sacro Cuore di Maria, a piazza Euclide, c'erano duecentocinquantamila persone. Il mondo dello spettacolo al gran completo e una folla di sinceri appassionati fin dalle prime ore del mattino ad aspettare, sotto un caldo asfissiante, il feretro che arrivò solo alle due di pomeriggio, quando il termometro sfiorava i quaranta gradi. Mario Riva aveva debuttato alla radio come attore brillante, passando subito dopo alla rivista e all'avanspettacolo, facendo compagnia per anni con Riccardo Billi. Debuttò in tv nel 1955 con «Duecento al secondo», trasmissione soppressa perché ritenuta offensiva della dignità dei concorrenti sottoposti a prove ingloriose. Una decisione che ci dovrebbe far riflettere. Ma il grande successo arrivò a partire dal 1957 con «Il Musichiere», un programma di quiz musicali, formula semplice e meccanismo perfetto, ma sopra ogni altra considerazione la conduzione bonaria e familiare di Riva. Un presentatore moderno e innovativo, in possesso di una vis comica risolutiva, padrone dell'improvvisazione, a suo agio con i grandi divi internazionali che ospitava così come con gli umili concorrenti, digiuni di ogni pratica televisiva. La sua ricetta? Improvvisazione e gavetta, le grandi scomparse del piccolo schermo. L'improvvisazione arrivava dal talento, la gavetta dall'avanspettacolo. Fu il primo attore lasciato in pegno ai creditori. Accadde nel 1945. In tour con Luciano Tajoli, la compagnia, coperta di debiti, si sfasciò. A Siderno Marina, in Calabria, gli attori, senza un soldo, vennero protestati ma lasciarono «in pegno» Riva, che risanò la situazione accettando di presentare numeri di prestigiatori, mangiatori di fuoco e fenomeni da circo. Polvere di stelle.

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