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Basta con i musei anti-artisti

Il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo

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«Oggi la funzione del museo è stata capovolta e spesso è un disastro. Non è possibile che l'artista debba affannarsi ad inventare un'opera adattabile agli spazi del museo, come avviene al Guggenheim di Bilbao e al MAXXI di Roma». Con decisa pacatezza, Mimmo Paladino, uno degli artisti italiani più noti a livello internazionale, critica alcune archi-star, i committenti, l'idea di arte come spettacolo e difende sorprendentemente l'Ara Pacis di Meier. «Sì – dice Paladino dal suo magnifico studio romano di Piazza Navona – l'Ara Pacis batte il MAXXI perché l'architetto americano ha risolto un problema di luce in modo straordinario. Ha letteralmente portato la luce nell'Ara. La sua architettura non è solo un involucro che esalta le qualità cromatiche e artistiche dell'Ara ma rappresenta una creazione spaziale contemporanea che deve essere sostenuta perché costituisce un'impresa straordinaria in una città come Roma. Quel che ne viene esaltato è il principio della compresenza di arte antica e contemporaneità. E questo è un valore aggiunto che va al di là delle polemiche o dello specifico giudizio estetico. Invece Zaha Hadid ha progettato un museo non funzionale facendo spendere tanti soldi che avrebbero dovuto essere investiti per una collezione veramente importante. Quella di adesso è assolutamente deludente per un museo internazionale». «Con il MAXXI non abbiamo acquistato uno spazio museale funzionale ma solo un oggetto architettonico. Ed aveva ragione un grande storico dell'arte come Bernard Berenson nel profetizzare che "i musei finiranno per confondere e scoraggiare il pubblico e otterranno che la persona riflessiva si domanderà: quale è lo scopo di un museo, e perché quella è arte?"». Ma la colpa principale, secondo Paladino, è dei committenti e dell'invadente intrusione politica. «Parliamoci chiaro – afferma l'artista campano – alcuni politici immaginano le opere di architettura e i musei come monumenti a se stessi. Il MAXXI è stato affidato ad un architetto alla moda, stravagante, che ha fatto un museo a sua immagine e somiglianza, una specie di specchietto per le allodole. E forse bastava ristrutturare le caserme di via Guido Reni». Se chiediamo a Paladino di farci qualche buon esempio di museo contemporaneo la risposta è pronta: «Ad esempio, l'intervento di Alvaro Siza al MADRE di Napoli è umile e discreto, stabilisce un rapporto equilibrato con le opere, senza schiacciarle. Oppure penso a due capolavori di Renzo Piano: The Menil Collection a Houston, che si adatta perfettamente al variare della luce e il bellissimo Zentrum Paul Klee a Berna. Invece, secondo me, ha diversi difetti la chiesa di Padre Pio progettata dallo stesso Piano a San Giovanni Rotondo. Al di là dei musei mi è piaciuta per la sua estrema funzionalità la nuova Bocconi di Milano, progettata da due architette irlandesi, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, dello studio Grafton Architects». Ma come dovrebbe essere allora l'architettura contemporanea secondo Paladino? «Io - ci dice l'artista, già protagonista di spicco della Transavanguardia e di tante mostre nei maggiori musei internazionali – ho sempre immaginato la mia opera come un fatto architettonico e non come una costruzione letteraria perché ho un forte interesse personale per il concetto di spazio come geometria, architettura. E l'architettura dovrebbe essere al di là del tempo, avere un senso della misura. Non può essere una passerella per fare spettacolo ed esaltare il proprio narcisismo. Ma è tutta l'arte che deve tornare ad essere un lavoro severo ed etico, fatto nel silenzio. L'arte rappresenta sempre uno spiraglio di positività perchè spinge alla riflessione e alla critica. Ma deve andare in profondità e rifiutare il gusto dell'intrattenimento effimero».

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