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Mussolini e i diari, eterno rebus

Mussolini, Galeazzo Ciano e un gerarca nazista

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Quella dei diari di Mussolini sta diventando una vera e propria telenovela. L'ultima puntata (per ora) riguarda le dichiarazioni del figlio di un console italiano a Berlino, Guglielmo Della Morte, il quale ha raccontato che, poco prima di essere catturato dai partigiani Mussolini avrebbe convocato il padre e gli avrebbe consegnato una cassetta sigillata di zinco facendogli promettere che non sarebbe stata aperta prima del 2025. Del contenuto, naturalmente, non si sa nulla, ma le illazioni non mancano: si è ipotizzato, subito che vi sarebbero documenti di rilevo e, forse, i famosi diari. E, ci si potrebbe chiedere, perché non il famoso carteggio fra il Duce e Churchill? È difficile commentare notizie di questo genere. Pur senza mettere in dubbio le dichiarazioni diffuse dalle agenzie, ci sono interrogativi e coincidenze, che non possono non essere sottolineate. Un interrogativo riguarda il termine ad quem, cioè il 2025, che sarebbe stato fissato da Mussolini: è una data che non corrisponde a nessuna logica. E, se anche fosse vera, non si comprende perché la notizia sia stata data ora e non, per esempio, anni fa. C'è, poi, una curiosa coincidenza che riguarda il contenitore. Nel maggio del 1993 un falegname raccontò che Mussolini, ai primi di aprile del 1945, lo aveva incaricato di costruire quattro casse di legno a tenuta stagna con interno zincato, delle dimensioni di 80x80x40 cm, per potervi mettere i documenti del suo archivio privato. Aggiunse di aver aiutato il Duce a riempirle e concluse sostenendo che, completata l'operazione, mentre Mussolini partiva per Milano, le casse vennero gettate nel Lago di Garda. Subito, alcuni sommozzatori del Gruppo Volontari del Garda si adoperarono per recuperarle ma non ne trovarono traccia: portarono in superficie altre quattro casse, di fattura e dimensioni diverse, che contenevano polvere da sparo per artiglieria di piccolo calibro. La storia di allora, probabilmente, non c'entra per nulla o c'entra poco con quella di oggi. Ma il rammentarla non fa male. Quel che è certo è che Mussolini, alla vigilia del 25 aprile, si preoccupò davvero del suo archivio e, sembra, lo affidò in spezzoni a persone di sua fiducia. Ed è sicuro, ancora, che si preoccupò in particolare della sorte dei famosi "diari". Sulla esistenza di questi ultimi non vi sono dubbi. Verso la fine degli anni Trenta, le agende vennero affidate da Mussolini alla sorella Edvige che le conservò fino al 1941, quando decise di non volerle più tenere e le restituì al fratello. Da quel momento passarono per diverse mani, da quelle di Bruno Tassinari a quelle di Vittorio Mussolini a quelle del barone Shinrokuro Hidaka, già ambasciatore del Giappone a Roma e poi presso la Repubblica Sociale. Il quale ultimo, infine, le avrebbe fatte pervenire alla legazione giapponese di Berna dove sarebbero state distrutte nel settembre del 1945 quando, dopo la resa del Giappone, furono bruciati tutti i documenti conservati nella sede diplomatica svizzera. Anche se questa è, probabilmente, l'ipotesi storicamente più attendibile sulla sorte dei diari, rimane il fatto che le notizie su "ritrovamenti" o "presunti ritrovamenti" delle famose agende, nella totalità o in parte, tornano, con periodicità, quasi sempre in periodo estivo, ad animare le redazioni dei giornali. Dai diari dichiarati apocrifi, legati al nome delle sorelle Panvini, a quelli acquistati nella seconda metà degli anni Sessanta dal Sunday Times a quelli, ancora, offerti nel 1975 al Sunday Telegraph e tornati recentemente alla ribalta, il copione si ripete. Fra perizie e controperizie. Quel che è certo, è che, quand'anche i diari venissero davvero alla luce e fossero realmente autentici, non potrebbero ormai dire nulla di storicamente rilevante, perché gli archivi pubblici e privati relativi a quel periodo stono stati aperti e indagati a fondo. Il che non significa che non debbano essere presi in considerazione, persino se falsi, come chiave per indagare sulla persistenza del mito del Duce. Ma nulla di più. Tuttavia, allo stato - e l'ultima vicenda lo conferma, tanto più che, a ben vedere, non si sa neppure esattamente se riguardi le famose agende o altra documentazione - la storia infinita dei diari è come quella dell'Araba Fenice: rinasce sempre dalle proprie ceneri.

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