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Al Teatro Brancaccio Nino D'Angelo mette in scena il nuovo sud

Nino D'Angelo

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«Con Jammo Ja' è iniziata una nuova vita». Nino D'Angelo non sta nella pelle e, dopo aver partecipato all'ultimo Sanremo, parte in tournée con il suo nuovo progetto nato sotto le stelle dell'etno-folk. Domani alle 21 il musicista napoletano debutterà al Teatro Brancaccio. Nino D'Angelo, dall'epoca del caschetto biondo di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Com'è avvenuto il cambiamento dalle origini neomelodiche all'etno-folk? È stato un cammino lungo e difficile. E poi s'immagina? Che figura ci farei a 52 anni suonati ancora col caschetto? Ma il passato l'ha completamente rinnegato? Nient'affatto. I grandi successi degli anni Ottanta continuo ancora a suonarli. Nei miei concerti non possono mancare hit come «Senza giacca e cravatta», «'A Storia 'e Nisciuno» o «Nu jeans e 'na maglietta». È come se dal vivo Baglioni non suonasse più «Questo piccolo grande amore». I fan non lo permetterebbero. I vecchi brani sono stati riarrangiati? A volte sì, a volte no. In alcuni casi è meglio lasciarli com'erano. Ci sono suoni tipici di quegli anni e non ha senso cambiarli. Tutto questo per tenere viva l'attenzione dei suoi fan storici? Non creda. La cosa che mi sorprende di più è che ai miei concerti vengono anche i figli degli anni Ottanta. Soprattutto dopo la partecipazione all'ultimo Sanremo. «Jammo Ja» è stata accolta bene dal pubblico nonostante sia stata eliminata subito dalla gara sanremese. Ha qualche recriminazione da fare? Beh. Ne avrei ma non voglio sollevare polemiche. Sentendo le altre canzoni in gara, avremmo meritato il passaggio del turno. Ci ha penalizzato il voto demoscopico, non il pubblico a casa. In altre condizioni saremmo arrivati tra i primi cinque. Chi va a Sanremo, però, firma un contratto e accetta il regolamento. L'importante è che se ne parli. Jammo Ja' viene vista come il manifesto di un nuovo sud. Ora non le sembra di esagerare? Sono gli altri a dirlo. Comunque c'è del vero. Ho fatto sentire a tutti un altro tipo di sud. Nel Mezzogiorno ci sono due Stati, uno legale e uno illegale. C'è un tasso di disoccupazione che fa paura. Insomma ci sono tanti problemi. Ma di tutto questo se ne può parlare senza vittimismo, senza commiserazione. Con la speranza di poter cambiare le cose? La speranza è l'ultima a morire. Ma a Napoli si dice anche che chi di speranza campa disperato muore...

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