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Le vite dei santi in scena all'Eliseo

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Tiberiade Matteis Appena insignito del Premio Ubu per la migliore regia, lo spettacolo «Quattro atti profani», firmato da un artista teatrale in bilico fra tradizione e ricerca come Valter Malosti è in scena all'Eliseo fino al 14 marzo, con un cast animato dal medesimo regista insieme a Maria Paiato, Mauro Avogadro, Michele Di Mauro e Mariano Pirrello. Sacra rappresentazione, mistero, via crucis e auto sacramental si fondono per descrivere l'umanità in modo intenso e straziante, ma anche dolorosamente ironico, a partire dai quattro testi di Antonio Tarantino: «Stabat Mater», «Passione secondo Giovanni», «Vespro della Beata Vergine» e «Lustrini». «L'autore dà voce ai "dimenticati" di questi quattro "drammi torinesi" definendoli "fantocci di parole rilegate in pelle" e facendoli esprimere in una inaspettata e musicalissima lingua, che riesce a comunicare e a emozionare, sfruttando un ampio e articolato spettro recitativo - ha dichiarato Malosti - Agli interpreti solisti della troupe è richiesta una prova estrema e rischiosa: dovranno spingersi verso quel confine sottile della loro arte in cui a una grande adesione emotiva e di verità, che coinvolge anche i loro corpi incarnanti oscenamente la sacralità del disagio, va unita una tecnica d'attore/atleta, come fossero funamboli che danzano sopra i fili sospesi del magma linguistico di Tarantino, pronti al lirismo più sublime e al più volgare sberleffo da avanspettacolo». L'ambientazione da Golgota contemporaneo allude a un hinterland suburbano con una crocifissione che ingloba una scena fissa per i diversi quadri, come nelle sacre rappresentazioni medievali, ed è stata realizzata dalla coppia di artisti torinesi Gianfranco Botto e Roberta Bruno. Il tutto è arricchito dall'apporto creativo dei preziosi e articolati paesaggi sonori di G.u.p., delle luci taglienti e allucinate di Francesco Dell'Elba e dei costumi di Federica Genovesi, frutto di magnifici quaderni di visioni. Sfuggendo a ogni taglio storico come pure a volontarie implicazioni sociali o a un qualsiasi giudizio morale, si vuole ribadire quanto le creature raccontate da Tarantino siano schegge emozionali libere e come tali vadano vissute. «Mi sottraggo, infatti, a un possibile teatro di denuncia per approfondire e cercare le mie radici espressive e tentare di parlare con le armi della poesia», ha concluso il regista. A Maria Paiato spetta la sgargiante fisicità di Maria Croce, una donna in vendita che attende invano Giovanni, l'uomo sposato da cui ha avuto un figlio, ormai scomparso, poiché molto probabilmente arrestato per questioni politiche.

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