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L'arco di Libera illumini l'Eur

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L'ideadi Salìngaros è che questo arco possa configurarsi come monumento alla memoria dei soldati italiani caduti all'estero in missioni di pace (cfr. articolo pubblicato su Il Tempo del 19 gennaio 2009). A primo acchito, tralasciando ogni altro pensiero, e limitandomi a considerare il modo in cui i nostri recenti caduti sono stati "onorati" in diverse città italiane, mi viene da dire sì! Mi riferisco agli obbrobri di ferraglia arrugginita sul genere di quello sorto di fronte alla Chiesa di San Paolo fuori le mura di Roma, o a quello realizzato di fronte alla caserma dei Carabinieri di Latina per "celebrare" i caduti di Nassirya. Questo genere di installazioni (come gli "artisti" amano definirle) in realtà si configurano come degli oggetti alieni che, oltre a disturbare gli spazi in cui sorgono, offendono i nostri caduti piuttosto che onorarne la memoria! Leggendo le parole di Salìngaros, ma anche i diversi commenti sull'argomento a partire dalla replica dell'assessore Umberto Croppi pubblicata su Il Tempo del 10 gennaio scorso, fino alla recentissima replica di Salìngaros, ho avuto modo di riflettere, provando ad estendere la proposta del grande matematico-urbanista greco-americano, specie in vista dell'appuntamento che ci aspetta in primavera, quando Roma ospiterà il 1° Festival dell'Architettura! L'assessore Croppi nel suo intervento dice che "il festival è un'opportunità da non perdere per rimettere in moto il pensiero progettuale che serve agli operatori, a chi governa ma soprattutto a chi abita", ed è di qui che voglio partire. Ho trovato interessante il discorso sul turismo colto fatto nell'articolo di Stefano Serafini pubblicato su il Tempo dell'11 gennaio, e ho altresì trovato fondamentale il passaggio finale del pensiero di Croppi quando sostiene che "il festival è un'opportunità soprattutto per chi abita", cosa che troppo spesso gli architetti dimenticano. Considero la proposta di Salìngaros una astuta e intelligente provocazione, poiché essa manifesta un importante segnale di onestà intellettuale da parte di una persona, "filo-classica", che risulta libera dalla pesante cappa della "falsificazione della storia" così come dell'uso ideologico-politico che da diversi decenni si è fatto dell'architettura. Sostenere la costruzione di questo "segno" di matrice Razionalista - nonostante sia stato etichettato politicamente (ma che importa) - in quanto parte integrante di un programma compositivo di un brano di città che risulta interrotto, è un segnale importantissimo che serve a far capire che chi sostiene l'architettura e l'urbanistica tradizionale non è un come un cavallo munito di paraocchi. Infatti, chi sostiene l'architettura e l'urbanistica tradizionale parte dal presupposto che ogni contesto abbia la sua storia, il suo carattere, il suo genius loci, il suo decorum. L'arco di Libera, che sorga esattamente nel luogo in cui era pensato, oppure un po' più giù nel rispetto del Palazzo dello Sport di Nervi, è cosa buona e giusta, poiché serve a completare un'opera incompleta, se poi lo si fa per commemorare i caduti, allora va ancora meglio. Detto ciò, non posso però esimermi dall'esprimere il mio parere a compendio della proposta di Salìngaros, proposta che alla luce di quanto ho detto voglio considerare il punto di partenza per rinvigorire l'italica (e romana) tradizione del buon costruire, liberi da preconcetti di matrice ideologico modernista e/o iper-protezionista. Personalmente non ho mai nutrito un grande amore per quell'architettura che considero responsabile del passaggio dall'architettura all'edilizia, ciononostante ritengo che in un contesto come l'Eur l'arco di Libera è più che appropriato. Il mio disamore pacifista nei confronti di quell'architettura è dovuto all'opera denigratoria che molti personaggi del Razionalismo e del cosiddetto "Novecento" hanno operato nei confronti di quegli architetti che si battevano per la continuità nella tradizione, attacchi culminati in tre eventi cruciali, ovvero la mostra per l'Esposizione Italiana di Architettura Razionale curata nel 1931 da Pier Maria Bardi, che aveva come unico scopo la messa al bando dell'architettura "vigliacca e passatista", vale a dire delle architetture tradizionali realizzate nel primo novecento in Italia, riunite in un collage fotografico ribattezzato la "Tavola degli Orrori", a quella mostra fece seguito l'aspra critica di Mussolini circa l'edifico dell'Inail progettato da Armando Brasini, e, infine, la definitiva messa al bando dell'architettura e degli architetti tradizionali con una legge promulgata nel 1938 a cura del Ministero della Pubblica Istruzione Italiano. Ed è qui che si inserisce la mia proposta. Insieme con l'Arco di Libera penso sia giunta ora di ricostruire l'unico edificio dell'Eur che realmente venne demolito negli anni a cavallo tra il 1958 e il '63, ovvero il Padiglione Permanente per l'Agricoltura e le Foreste di Armando Brasini la cui costruzione, avviata nel 1940, venne sospesa nel '41. Ironia della sorte, il nome di quell'edificio ci racconta come esso, nonostante facesse parte di un programma per una esposizione universale, fosse stato progettato per essere a carattere permanente.

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