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La furia di Masur

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LorenzoTozzi Gli ottant'anni li ha compiuti da un pezzo, ma ha lo spirito di un ragazzo. Kurt Masur, già direttore di alcune delle più prestigiose orchestre internazionali, è considerato uno degli ultimi eredi della grande tradizione sinfonica tedesca. Oggi pomeriggio (repliche lunedì e martedì) al Parco della Musica guiderà l'orchestra ceciliana nella Seconda di Brahms e nel Quarto Concerto per pianoforte di Beethoven, solista Elisabeth Leonskaja. E a settembre è atteso, sempre per l'Accademia romana, al cimento dell'integrale delle Sinfonie di Beethoven. Maestro Masur, qual è la situazione musicale nel suo Paese? «In Germania c'è un'educazione musicale di base che fornisce gli strumenti necessari per accedere alla musica classica – racconta il direttore tedesco - Questo imprinting in giovinezza poi rimane e serve anche ad affrontare qualsiasi tipo di musica con spirito critico. Ho diretto le Nove Sinfonie a Taipei e c'era un coro di ragazzi cinesi preparatissimo: già alla prima prova conoscevano la parte a memoria. Questa possibilità di cantare insieme riguarda l'intelletto e crea una comunità di intenti straordinaria. Se un leader non ha attitudine alla musica, non lo considero un buon leader. In Germania ci sono finanziamenti per scoprire nella musica anche altre culture diverse dalla nostra. I giovani apprendono la bellezza del vivere attraverso la musica». Lei è un tedesco, erede della tradizione tedesca... «È un pericolo quello delle etichette, che legano la nazionalità del direttore a quella del compositore. Preferisco la Pastorale dell'Orchestre Nationale de France a quella di alcune orchestre tedesche» A settembre l'attende, per la sua prima volta in Italia, l'integrale delle Nove Sinfonie di Beethoven... «Le Nove Sinfonie sono un monumento: dopo le prime otto scritte in dodici anni, si dovette attendere la Missa Solemnis per avere un'opera di ampio respiro. La Nona arrivò dopo un momento di crisi e non ha niente a vedere con lo stile classico: l'inizio sembra quasi Schoenberg. Quello di Beethoven è un lungo cammino che rivela senso della realtà, della storia per arrivare ad affermare nella Nona che tutti possono essere fratelli. Ma non ne era soddisfatto. Sembrava chiedere a Dio: non ti accorgi che l'umanità è ancora infelice?»

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