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Sul palco la storia di Lauren colpita da starnuto «fulminante»

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AntonellaMelilli Non c'è che la fantasia degli artisti per immaginare le cose più assurde, salvo poi trovare inaspettati riscontri con la realtà. È accaduto a Giuseppe Manfridi con il suo Tommy che, dopo esser stato presentato con grande successo dal 20 al 31 gennaio al Piccolo Teatro Campo d'Arte, torna ad affrontare il giudizio del pubblico da oggi al 14 febbraio alla sala Artaud dell'Orologio. Si tratta infatti di un'opera scritta nel 1985, che oggi trova una sorprendente quanto straordinaria attualità nella vicenda della dodicenne americana Lauren Johnson, ritrovatasi, in seguito a un raffreddore, a lottare con una rarissima «sindrorme dello starnuto a mitraglia». Un'affezione a prima vista perfino grottesca, e tuttavia capace di immettere nella sua vita conseguenze di preoccupante tragicità, che le rendono difficile perfino nutrirsi e impossibile uscire e andare a scuola, costringendola peraltro a sottoporsi a numerose terapie, tra cui anche l'ipnosi. Inutilmente, del resto, poiché nessun luminare è stato capace finora di trovare la soluzione ai trenta casi conosciuti in tutto il mondo di questa strana malattia. Un disturbo che traccia un paradossale inatteso trait d'union fra i sorprendenti casi della vita e la situazione del protagonista del testo teatrale, aggredito anch'egli da uno starnuto che non gli dà tregua, se non durante le ore del sonno. E che peraltro denuncia la sua natura psicomatica consentendogli di sfuggire a quel tormento nel buio dello sgabuzzino di casa, dove finisce per addentrarsi nella profondità del suo essere, a rintracciare sogni e ricordi nelle parti più belle o nelle più tristi della propria storia. E in fondo lo spettacolo è proprio questo, una sorta di percorso interiore la cui fine lascia intravedere la possibilità di una scelta tra l'oscuro nulla, a cui finora il ragazzo si è ancorato, e la ricerca esterna di una diversa via di salvezza. Un percorso che l'interprete Giuseppe Russo restituisce sotto la guida del regista Andrea Bellocchio, affrontando con la carta dell'autopromozione la paralizzante crisi dei tempi. Per inoltrarsi nella solitudine del suo personaggio verso un'ultima occasione di libertà che la sorte gli ha dato, come per una scommessa che coniuga insieme i semi della follia infantile e l'azzardo del tavolo verde.

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