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Sala strapiena e fan in delirio per l'arrivo al Festival del Film di Roma del divo hollywoodiano Richard Gere che ha portato una folata di glamour e un pizzico di spiritualità zen.

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Gereè protagonista del film di Lasse Hallstrom «Hachico: A dog's story», fuori concorso nella sezione Alice nella città e da Natale nei cinema distribuito da Lucky Red. La storia è il remake americano del film giapponese di Koyama, ispirato ad una storia vera. Hachi, di pregiata razza Akita, ha un rapporto speciale con il suo padrone, un professore di agraria, tanto da accoglierlo ogni sera a ritorno dal lavoro presso la stazione della metro. Anche quando il suo padrone muore, Hachi continuerà ad andare alla fermata della metro per ben 10 anni. Finché la gente si accorgerà della sua fedeltà, lo incoronerà eroe nazionale e per lui verranno erette due statue che lo rappresentano. «Il cane è ormai una leggenda in Giappone e il film per mia precisa scelta inizia in un monastero buddista, ho voluto una connessione con il mio retroterra zen - ha rivelato il divo -. Questo film è un'esperienza mistica che ha a che fare con l'accettazione, la fedeltà, la compassione e l'amore. È una storia che commuove e si può ascoltare accanto al fuoco, io ho pianto più volte raccontandola agli amici. Amo molto i cani, avevo Chipper all'età di 1 anno. Poi c'è stata Billie, con la quale c'era un rapporto d'amore senza tempo, di sicuro ci siamo già amati in altre vite. Sono buddista da quando avevo meno di 30 anni, ma l'incontro con il Dalai Lama mi ha folgorato. Oriente e Occidente non sono poi così diversi: già nel XVIII° secolo il vescovo George Berkeley diceva che la realtà è una funzione della mente, fondando l'idealismo soggettivo. Si tratta di un modo di pensare molto zen. E oggi la fisica quantistica si sta congiungendo con l'esplorazione spirituale». Sul premio Nobel dato a Barack Obama, Gere ha poi detto che si tratta di «un incoraggiamento, un modo per ricordargli che è stato eletto per portare avanti una missione: rimediare agli errori fatti dagli americani e promuovere la solidarietà universale. La notizia è stata accolta da molti con sconcerto e perplessità. Ma tutti amano Obama per quello che rappresenta. Però rischia di rimanere imbrigliato da una carica che rafforza lo status quo e uniforma i presidenti al potere: il pericolo è che possa diventare come tutti gli altri presidenti. Ma io sono ottimista, ci stiamo spostando verso la luce e il Dalai Lama viene riverito dappertutto, tranne che dai comunisti di Pechino». Anche il più europeo degli hollywoodiani, James Ivory, è passato ieri (fuori concorso) al Festival di Roma con «The city of your final destination», commedia sentimentale tratta dal libro di Cameron «Quella sera dorata» che ruota attorno ad un giovane professore (Metwally) intento a farsi dare l'autorizzazione per scrivere l'autobiografia di uno scrittore scomparso. Per questo farà un viaggio in Uruguay che trasformerà la sua vita. Nel cast anche Anthony Hopkins, Laura Linney, Charlotte Gainsbourg e Alexandra Lara. Da ieri è intanto nelle sale (in 100 copie distribuite da Medusa) «Viola di mare» di Donatella Maiorca, con Isabella Ragonese, Valeria Solarino e Maria Grazia Cucinotta che lo ha anche prodotto. Tratto dal libro di Pilati «Minchia di Re» (pesce tipico del Mediterraneo), il film racconta con poesia l'amore saffico tra due donne che creano scandalo nella Sicilia dell'800. È una pellicola «per vincere il pregiudizio», ha detto la Cucinotta che non vuole parlare «di politica», ma affronta «i problemi solo con il cinema».

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