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Belen Rodriguez: "Per conquistarmi non citate Ovidio"

Belen Rodriguez

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Fare colpo su Belen? Una partita persa già prima del fischio d'avvio. Ma occorrerà pur tentare. Del resto, che diceva Ovidio? Prima o poi una donna cadrà inesorabilmente davanti al corteggiamento di un uomo, perché in lei alberga un'irrefrenabile libidine. E dunque, converrà ripassare l'"Ars Amatoria". "Si quis in hoc artem populo non novit amandi...". Belen, come andiamo con il latino? «Io ho fatto il liceo artistico».   Ecco. Neanche la prima declinazione? Rosa rosae? «In Argentina nessuno insegna il latino». Ma come? Con il suo sorriso ha ritirato fuori l'incubo adolescenziale della perifrastica. Che è... «Se me l'hanno spiegata bene, è un metodo per disporre le frasi in modo corretto...». Uhm. La mia prof me la spiegava diversamente. Ma non le somigliava neanche un po'. Magari ero distratto. «Ma è stato un onore per me interpretare una docente nello spot della Tim. Queste figure mantengono viva la cultura classica italiana nel mondo». Se un uomo la corteggiasse con il latinorum? «Gli scoppierei a ridere in faccia». Uffa. Un intellettuale come fa a conquistarla? Lei sembra più intelligente che bella. E ho detto tutto. «La vedo complicata se si mette a parlare di libri tanto per far vedere che è colto. A me piacciono gli uomini sentimentali, passionali, ma un po' duri. L'altra sera a cena si citava uno scrittore che mi fa impazzire, Paolo Coelho. "Undici minuti"...». È la storia di una prostituta sudamericana che viene in Europa a fare la modella. «A me quel romanzo fa andare fuori di testa. Mi intrigano i racconti dove c'è amore, sofferenza, dolore, follia. Ne parlavamo appunto a tavola con Matteo Garrone e con Fabrizio». Corona, ti pareva. Vero che vi sposerete e farete almeno un figlio nel 2010? «Ho tanti progetti per il futuro più immediato. Anche lavorativi: "Love Bugs" con Mammucari e una fiction per Raidue, "Una famiglia italiana"». Sì, ma Corona? «L'altra sera mi sono goduta la puntata che gli ha dedicato "Matrix". Non c'è niente da fare, per lui perdo la testa. In tv ragala audience a tutti i programmi in cui è ospite. Gli attacchi lo rendono sempre più forte. È nel cuore del circuito del potere, della popolarità. Una volta quando lo criticavano mi innervosivo, ora non ci faccio più caso». L'Italia è un Paese sensuale o sessista? «È in assoluto il più bigotto: c'è il Vaticano non potrebbe essere diversamente. Però la dolce vita è nata qui, gli spogliarelli nei locali hanno fatto epoca qui, cinquant'anni fa. La moda ci propone da sempre una donna con poca stoffa addosso. E allora mi chiedo...».   Cosa? «Perché puntare il dito addosso alle veline solo ora, dopo 20 anni che ballano a Striscia? Questa colpevolizzazione delle ragazze che ballano mi sembra un po' a orologeria. Lavorano in trasmissioni dove non è compito loro parlare, e le etichettano subito come stupide, o peggio. Di sicuro hanno un cervello, fidatevi». Qualcuno ne strumentalizza il ruolo per altri fini? «La televisione è una sorta di cucina dove in tanti si nutrono delle presunte miserie e degli scandali di chi vive nel mondo dello spettacolo o in margine a esso. Si danno certe notizie per nascondere i veri problemi di un Paese e magari per attaccare un premier. Ma non succede solo in Italia. È un costume mondiale, temo. Il che non toglie che ci siano ragazze che scendono a compromessi con i loro datori di lavoro, o che si fanno astute. Però non succede solo nel mondo dello show business, ma negli uffici, negli studi legali, nelle farmacie. Ovunque». Nel secondo spot De Sica la scambia per una "cubista". «E invece lì sono un'artista post-dadaista. Le malelingue resteranno deluse, ma io la cubista non l'ho mai fatta. Nei primi due mesi qui in Italia lavoravo come ragazza immagine in discoteca. Avessi ballato sul cubo lo direi. Cosa c'è di male?». Il povero Christian si affanna tra latino e arte contemporanea. Ma lei, Belen, non gli dà chance, nella sceneggiatura. «Mai dire mai. Tra qualche giorno a Roma giriamo gli altri spot. Il filo rosso è quello dei colpi di fulmine». La perifrastica non serve, allora? «Studiarla fa sempre bene. Ma non per rimorchiare. Non me, almeno».  

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