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Storia d'amore al vetriolo su «La terra vista dalla luna»

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Pasolininon c'entra niente. «La terra vista dalla luna» (Bompiani pag. 217) è il romanzo con cui il romano Claudio Morici fotografa la realtà con istantanee divertenti che improvvisamente diventano drammatiche graffiando l'animo del lettore. «La terra vista dalla luna» è una frase che usa Simon (voce narrante e personaggio narrato), per descrivere un viaggio psichedelico a due ragazze inglesi. Ma Simon, ragazzo psicopatico, s'inventa tutto per fare colpo, perché lui è vissuto sempre nella sua cameretta, non ha alcuna esperienza e la terra vista dalla luna, diventa una metafora della possibilità di allontanarsi da se stessi, di osservarsi da lontano, è il paradosso del viagg Morici, web artist, scrittore, viaggiatore, ma soprattutto ex psicologo, ci porta dentro la testa e nei pensieri di un ragazzo che, pieno di manie ossessive e di disprezzo per gli altri, diventa amico di Antonella, ricoverata nel suo stesso reparto psichiatrico dopo un'overdose di allucinogeni. La giovane fricchettona è l'unica che riesce ad entrare nella stanza e nel cuore di Simon e creare un rapporto improbabile ma travolgente finché non sparisce misteriosamente in Messico. E così, grazie all'amica, il protagonista «violenta» le sue stesse paure evadendo dall'«idilliaca» cameretta, una sorta di liquido amniotico mai abbandonato, per affrontare il mondo esterno esponendosi a microbi e batteri, decidere di prendere un aereo, volare in Messico, dormire in un ostello lercio pieno di backpackers, la «gente da tutto il mondo», viaggiatori dei paesi ricchi che con le Lonely Planet nello zaino si autodefiniscono «indipendenti» e inseguono percorsi alternativi, turisti in cerca di sesso o di avventure mistiche.... Simon studia l'antropologia del viaggiatore occidentale, cerca di capire le usanze e le caratteristiche dei locali e condivide i suoi giudizi tranchant via e-mail con Antonella che durante le sue giornate alternative-equo-solidali, risponde sarcasticamente all'amico. Forse per lei Simon è solo un conoscente incrociato nell'ospedale psichiatrico mentre per lui Antonella è proprio l'amica del cuore da ritrovare, anche a costo di andare sulle tracce del sub comandante Marcos o presentarsi a casa della madre, ex sessantottina poco interessata alle sorti della figlia. Insomma Morici ci racconta, con un linguaggio essenziale, una ruvida storia d'amore in modo avvincente e coinvolgente, con immagini che si sovrappongono come Polaroid eppure in grado di dare sensazioni ed emozioni di grande intensità. Il viaggio di Simon vive dell'esperienza dell'autore sia professionale di psicologo (Morici ambientò il suo primo romanzo «Matti da legare» in una comunità terapeutica, ndr) sia di viaggiatore «antropologo»: i profumi, le atmosfere, i colori del Messico scoperto dal giovane psicopatico sono quelli vissuti dall'autore che trasferisce a Simon, l'unico vero protagonista del romanzo, la sua capacità di indagare fatti e persone. «La terra vista dalla luna» è anche la rivolta contro la sub cultura, è il rifiuto del conformismo e dell'anticonformismo diventato luogo comune, è un percorso cinico e disincantato verso un finale malinconico che forse il lettore non s'aspetta: Simon decide di lasciare Antonella, l'amica tanto amata. E gli ultimi pensieri per lei vengono da un bagno, non il rifugio dell'infanzia, il luogo dove si disputavano i «Campionati del mondo di tiro della carta igienica insaponata sulla testa della gente», ma il luogo di un doloroso addio, dove Simon può guardare al futuro tenendo Antonella sempre con sè o liberandosene per sempre.

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