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Francesco Pacelli, il principe diviso fra beneficenza e cinema

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Quandosi pronuncia l'illustre cognome Pacelli non c'è romano (ma neanche cittadino del mondo) che non si ricordi il grande Papa, quello (senza nominare le straordinarie cose che fece per onorare il suo Pontificato) che, nel terribile 16 luglio 1943, anno del bombardamento degli alleati su Roma. in mezzo al popolo del quartiere S. Lorenzo e a rischio della vita, macchiò la candida veste di sangue per portare conforto ai suoi parrocchiani. Gesto per cui il Papa fu denominato "defensor civitatis". Pio XII è prozio del principe e marchese, Don Francesco Pacelli, nobile romano, di Acquapendente e di S. Angelo di Vado, Cavaliere d'Onore e Devozione del Sacro Militare Ordine di Malta e gentiluomo di sua Santità, che ora è qui davanti a me nella mia casa romana, il cui salone, dati questi articoli che devo scrivere a raffica, sembra una cartolibreria bene in vista fra quadri storici e statue romane antiche. Ed io un'edicola vagante! Quando si dice la nobiltà d'animo! Visti i quaranta gradi all'ombra, infatti, il principe Pacelli mi ha risparmiato la visita nella sua splendida dimora in Prati, ed io, agitatissima, ho azionato tutti i condizionatori di casa a manetta e ho messo per tempo in frigo l'acqua minerale, conoscendo i gusti raffinati, ma parchi, del mio ospite. Don Francesco non è uno di quei nobili romani (ma con i tempi che corrono i suoi colleghi aumentano di giorno in giorno) che passano il loro tempo divisi fra il Circolo della Caccia e l'amministrazione dei propri beni. Da piccolo andava spessissimo a trovare il suo grande prozio, mi racconta. «Una volta, adolescente, fui nella Sala delle Benedizioni in Vaticano durante un'udienza concessa da Pio XII per il primo centenario del collegio S. Giuseppe di Roma. Ecco la foto che ritrae l'avvenimento: mio padre Marcantonio e il Pontefice sorridono ricordando quando da piccolo, fui attratto inesorabilmente dal colore bianco dell'abito del Papa e dall'altrettanto candida pelle d'orso stesa sul pavimento del suo appartamento privato, orso che digrignava i denti come se fosse vivo e che io non mi azzardai a toccare». Per 38 anni il principe ha lavorato in una grande compagnia di assicurazioni italiana, dall''87 al '91 è stato consigliere di amministrazione, con l'incarico di distribuire personalmente i sussidi, di una delle più note Congregazioni che si adoperano concretamente per l'assistenza dei poveri, e per 25 anni ha fatto parte della giuria del David di Donatello. Inoltre Maria Teresa Ricci Bartoloni, sorella di sua madre Gabriella, nobile di Pesaro, è stata autrice, sceneggiatrice e aiuto regista di Comencini nel film cult di Totò "L'imperatore di Capri", firmato anche da mio padre Vittorio Metz. Se dunque come Donna Delfina Massimo Lancellotti, discendendo per "li rami" e dopo aver trovato incroci con tutti i nobili romani e non solo, non interseco la dinastia Pacelli, mi consolo perché attraverso l'albero degli scrittori ed umoristi, grazie a papà, figuro alla grande incrociandomi con Maria Teresa. La famiglia di Don Francesco, con la bellissima moglie, Giorgia Carolei, e i due figli Don Marcantonio e Donna Eugenia, è sempre vissuta, come il suo capofamiglia, all'insegna di una signorile riservatezza senza nessun gossip da riportare. Marcantonio, il padre di Don Francesco, principe e marchese romano, sposò Gabriella Ricci Bartoloni, nobile di Pesaro, ed oggi conta cinque generazioni di antenati. Il titolo di Marchese gli fu concesso da Papa Pio XI, quello di Principe da re Vittorio Emanuele III. Mi piace chiudere questo mio «curriculum» su Don Francesco, frutto della prima intervista concessa da questo colto signore che onora la storia della sua famiglia (l'unica famiglia principesca al mondo che ha lo stemma interzato, ovvero unito per un terzo a quello della Santa Sede) ricordando le mostre da lui curate e dedicate all'illustre prozio. La prima nel 2008, in occasione del cinquecentenario della morte di Pio XII, con oggetti rari e documenti di famiglia, che si è potuta ammirare in Vaticano, nel braccio di Carlo Magno; la seconda, sempre nel braccio di Carlo Magno, nel febbraio del 2009, dedicata agli ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano. Don Francesco è anche prefetto della Congregazione Mariana dell'Assunta (in seguito chiamata dei Nobili) che «nacque - mi racconta - la notte di Natale del 1593, in una piccola chiesa preesistente, annessa all'erigenda Chiesa del Gesù. Ora nella sede della Congregazione, nella magnifica Cappella dove Pio XII andava a pregare da giovane sacerdote, il direttore, il padre gesuita Ottavio De Bortolis, officia tutte le messe e gli eventi religiosi per i congregati (anche ex-allievi dei gesuiti); al pianterreno della casa, in piazza del Gesù, nella quale S. Ignazio passò i suoi ultimi anni di vita. Un illuminante libro, scritto dal prefetto, enumera tutti i congregati dal 1600 ai giorni nostri. Oltre che al culto mariano, alla preghiera e alla condotta di vita ispirata ai dettami del Vangelo, la Congregazione dei Nobili si occupava anche della costruzione delle fantastiche e macchine semoventi a sorpresa, tipiche del XVII e XVIII secolo; uno spettacolo che veniva offerto al popolo che, spesso analfabeta imparava, divertendosi, la storia della città eterna e delle sue date religiose, ma anche laiche come, per esempio, durante la Quaresima. Nella Settimana Santa, che segnava la fine della Quaresima, le macchine piene di sorprese si animavano con un effetto spettacolare. Ne è rimasta una, ancora funzionante, nella Chiesa del Gesù a Roma. Quando si anima la macchina cominciano gli effetti speciali migliori persino di quelli di un film americano, e l'altare di S. Ignazio sembra muoversi e ruotare. «Anche il Bernini fu un congregato dell'Assunta mi dice ancora - in quel periodo costruì anche lui una grande macchina, commissionata da Papa Gregorio XV, che trasformò Castel Sant'Angelo in un'autentica meraviglia. Altro celeste congregato fu Ludovico Ariosto». Segno che non si doveva essere necessariamente nobili per vivere la vita della Congregazione, ma uomini credenti e dall'animo eccezionale. Ecco perché Don Francesco Pacelli ne è l'impeccabile Prefetto.

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