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Il doppiogioco di Curzio

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C'èun buco nero nella vita già ampiamente ambigua di Curzio Malaparte, l'arcitaliano autore de «La Pelle» e di «Kaputt». Perché non bastano i ripensamenti, i cambi di fronte ampiamente noti di colui che Gobetti definì «la più bella penna del fascismo». In una sorta di elastico della vita che lo portò marciare su Roma nel 1924, ad essere uno degli ideologi del fascismo e a diventare poi, finita la guerra, inviato speciale dell'Unità! No, il profilo di Malaparte voltagabbana - o esempio estremo di indipendenza-incoerenza? - emerge ora arricchito da una vicenda raccontata per la prima volta dallo storico Mauro Canali sul numero in uscita della rivista Nuova storia contemporanea e che Il Tempo è in grado di ampliare con alcune lettere sconosciute di Malaparte a Giuseppe Prezzolini e al New York Herald Tribune. Dunque Canali indaga sui rapporti tra lo scrittore-giornalista-diplomatico di Prato e i servizi segreti americani. Tutto nasce dall'amicizia che legò Malaparte al giornalista americano Percy Winner, corrispondente prima da Parigi e poi da Roma dell'Associated Press. Non fu solo questo, ma anche alto dirigente dell'intelligence americana. E fu lo stesso Winner, nel 1944, a dichiarare, mentre ricopriva la carica di responsabile per l'Europa dell'Owi, che Curzio, tra il 1939 e il '41, gli aveva passato informazioni politiche e militari. Sì, lo stesso Curzio che dopo la caduta del fascismo fu arrestato nel buen retiro di Capri dal Counter Intelligence Corps, il controspionaggio alleato. Presto rilasciato, cominciò a riferire settimanalmente al colonnello Henry Cummings, al quale poi dedicò la prima edizione de La pelle. Un altro arresto avvenne nel 1945, per ordine dell'alto commissariato per le sanzioni contro i reati fascisti. Quasi una formalità, perché la detenzione a Poggioreale durò poche ore. Ma il fatto che spezzò i rapporti tra Winner e Malaparte fu l'uscita in Usa, nel 1947, di un libro a firma dall'americano, intitolato «Dario. A Fictitious Reminiscence». «Il giornalista - spiega Canali - vi racconta la storia dei suoi rapporti con uno scrittore e uomo politico italiano, a cui attribuisce significativamente il nome di Dario Duvolti. Le vicende e gli aneddoti raccontati, l'analisi psicologica di "Dario" non lasciano dubbi ai recensori americani dell'opera: Duvolti è Curzio Malaparte. Il racconto dei rapporti, discontinui ma stretti, tra Winner e Duvolti si snoda in "Dario" in maniera molto dettagliata lungo l'arco di diciannove anni, a partire dal loro primo incontro avvenuto a Roma nel 1925». «Nel libro - spiega ancora Canali - Winner torna al "doppio gioco" di Malaparte, già sinteticamente documentato con la dichiarazione del gennaio 1944, confermando che, dall'autunno del '39 all'estate del 1941, Duvolti gli trasmise notizie importanti su aspetti politici e militari del regime fascista, consapevole che Winner, a sua volta, le passava all'ambasciatore americano a Roma William Phillips. Non si conoscono le ragioni che, alla luce delle dichiarazioni di Winner, potrebbero aver indotto Malaparte a collaborare con gli americani. Esse potrebbero ricondurre a Ciano, del cui entourage lo scrittore toscano faceva parte». Malaparte reagì malissimo alla pubblicazione di «Dario», negando da istrione il ruolo che Winner gli aveva attribuito. Ecco qui accanto le sue lettere di protesta, inviate al quotidiano Usa, che peraltro non gliele pubblicò mai, e a Prezzolini, l'italiano più celebre oltreoceano con il quale Curzio aveva collaborato ai tempi de «La Voce».

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