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Nel braccio della morte il condannato fa miracoli

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C'è un John Grisham in gonnella nella patria dei fabbricatori di best sellers, per certi versi ancor più brava del re del legal thriller almeno a dar retta alle classifiche dei libri più venduti dove i due si danno battaglia. Stiamo parlando di Jodi Picoult, 42 anni, di Hanover, New Hampshire. Ha venduto 10 milioni di copie in tutto il mondo, i suoi libri sono stati pubblicati in 34 paesi. Qualche titolo italiano? «Il colore della neve», «Senza lasciare traccia», «Diciannove minuti» e il pluricelebrato «La custode di mia sorella» (tutti editi da Corbaccio). In questi giorni negli Usa è in uscita un film tratto da «My sister's keeper» appunto con Cameron Diaz per la regia di Nick Cassavetes. L'attrice veste i panni drammatici di una mamma che lotta per salvare la figlia dalla leucemia. La storia però verte sul complicato rapporto tra due adolescenti, cioè la figlia malata Kate e la sorella Anna concepita in provetta in modo che il suo midollo fosse compatibile con quello della sorella per un possibile trapianto. In Italia sarà distribuito solo a settembre. Proprio in questi giorni è in libreria «Un nuovo battito» (il titolo originale «Change of Hearth» rende meglio il concetto). C'è un uomo Shay Bourne che è il primo condannato a morte del New Hampshire da decenni. Prima di essere giustiziato esprime il desiderio di donare il proprio cuore alla sorellina della sua vittima, la piccola Claire Nealon, in attesa di trapianto. Il problema è che l'iniezione letale non consente la donazione. A perorare la sua causa c'è Maggie Bloom, il suo legale, specializzata nei diritti civili, e accesa sostenitrice dell'abolizione della pena di morte e padre Michael, che prima di diventare prete ha fatto il giurato nel processo proprio contro Bourne. E ha scelto, insieme agli altri, di condannarlo a morte. Una decisione che ha pesato profondamente sulla sua coscienza e l'ha spinto successivamente ad abbracciare la vita religiosa. C'è infine June Nealon, madre di Elizabeth e moglie di Kurt (le due vittime di Bourne) che ora lotta per l'altra figlia Claire, cardiopatica. Nel braccio della morte Shay Bourne inizia a compiere dei veri e proprio miracoli (l'uscita del vino dalle condutture idriche, la moltiplicazione delle gomme da masticare, la guarigione di un detenuto malato di Aids terminale, la resurrezione di un pettirosso-mascotte dei galeotti). Basta questo, per scatenare una folla di derelitti e infelici che accorrono al penitenziario e che chiedono di essere miracolati dal condannato a morte. Bourne, ultimo tra gli ultimi, quasi un predestinato alla sopraffazione, alla violenza, agli efferati delitti, in virtù anche dell'amplificazione mediatica, viene invocato come il Messia tornato sulla terra. Ma la realtà delle cose, poi, non è come appare. Ci sono verità nascoste, segreti molto più sconvolgenti, sepolti nel fondo delle coscienze che sarebbe meglio lasciare lì dove si sono sedimentati. E invece la Picoult, per necessità, s'inabissa nelle profondità di un pozzo melmoso e rimescola le carte del passato e quelle del futuro. Il mistero che sembrava svelato (a parte qualche dettaglio) invece s'infittisce e il finale (che ovviamente non sveliamo) è da fuochi d'artificio. Il racconto che attrae i lettori (ma per certi versi li respinge), si snoda attraverso il succedersi incalzante di punti di vista dei vari protagonisti del legal thriller, tanti pezzi di un puzzle che tenacemente l'autrice ricompone. Picoult è maestra di sensazioni forti, colpi di scena a ripetizione, sapienti scandagliamenti degli animi umani, delle loro miserie e delle loro nobiltà. I suoi thriller sono best-seller che commuovono e che, dopo il loro passaggio, lasciano una traccia nella mente dei lettori. E scusate se è poco.

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