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Quando la stirpe Gleijeses porta Napoli in Danimarca

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Ilprimo spettacolo, già apprezzato in passato, prevede una contaminazione di testi estratti da «Amleto» di William Shakespeare, «Hamletmachine» di Heiner Müller, «Mal-d'-Hamlè» di Enzo Moscato, «Mamma, Piccole tragedie minimali» di Annibale Ruccello e «Una storia in Danimarca» di John Updike. «Nonostante i riferimenti alla Danimarca e ai personaggi che ruotano attorno ad Amleto, "Il figlio di Gertrude" è una storia di Napoli - spiega la regista - Siamo nel sud dell'Italia, in una parte del mondo in cui si parla e si canta in dialetto, i fiori sono di plastica, le finestre di alluminio, le luci al neon e la violenza quotidiana. Siamo nella città che esibisce una identità che già sa di aver perso, in una realtà che offre ai giovani disoccupazione o emigrazione, e la scelta di esprimersi attraverso la protesta esasperata, il tifo per la squadra di pallone o il coltello a serramanico. Nel corso delle prove ho scoperto che, ancora una volta, nonostante lavori con un attore maschile, sono le tematiche femminili a interessarmi. Dove va Gertrude, quando non è né figlia, né sposa, né madre, né amante, ma solo lei?». La riflessione prosegue con la seconda proposta scenica, che coinvolge sul palco anche Manolo Muoio, per «esplorare un "universo" di Beckett, senza doverne per forza rappresentare un testo unico, né dovendo usare unicamente le sue parole» come dichiara Lorenzo Gleijees.

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