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L'avvincente storia del blues

Beyoncé Knowles è

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A Chicago, fra i Cinquanta e i Sessanta, ad opera di musicisti e di cantanti di colore, per merito però di un bianco, un emigrato polacco che aveva americanizzato in Chess il suo cognome e che, in un piccolo locale di un quartiere frequentato da neri, aveva radunato attorno sé un gruppo via via sempre più agguerrito cui, oltre a dare appropriati insegnamenti musicali, era riuscito a far raggiungere vari primati nelle vendite dei dischi grazie anche alla sua intraprendenza e ai suoi rapporti sempre più stretti con le case discografiche. Premiando sempre i suoi cantanti con una Cadillac (da cui il titolo) tutte le volte in cui li vedeva salire ai vertici delle classifiche. Vicende poco note qui da noi, però la regista afroamericana Darnell Martin, pur rivolgendosi soprattutto a un pubblico che quei personaggi e quegli eventi tutti reali, li conosce da cima a fondo, ha fatto in modo che anche chi non sa molto di blues e di rock and roll potesse prestare attenzione a quel seguito di biografie parallele messe al centro del suo film. In primo luogo i casi dell'emigrato polacco (Adrien Brody) che ha avuto l'idea di costituire quel gruppo di cantanti, prima con le difficoltà degli esordi poi con i successi quasi clamorosi, dissolti alla fine dei Sessanta dai tempi nuovi e da nuovi tipi di musiche. Quindi, uno dopo l'altro, i casi dei singoli cantanti, i loro problemi privati - amori, tradimenti, droghe, scontri con polizie razziste -, la loro sempre più sicura evoluzione creativa, pur tra molti contrasti. Qui stringendosi sui singoli - ciascuno con una propria storia nota da sempre allo spettatore americano - là dando spazi ampi alla coralità di un gruppo che, ad ogni svolta dell'azione, sciorina, grazie anche ad interpreti scelti con cura, il repertorio più noto del blues e del rock and roll di quegli anni. Con la gioia di chi, nel tempo, ha seguito e gustato quella musica. I ritmi sono fluidi, i personaggi in mezzo (abilmente riprodotti sulla base dei modelli autentici) sono sempre ben tracciati e anche l'epoca attorno, in quei quartieri ancora ben lontani dall'integrazione, ha i suoi segni. Che convincono.

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