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L'autore di Il sangue dei vinti contrattacca «Ecco come la Sinistra mi ha messo al bando»

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Sache ci sono parole che vengono scagliate addosso con violenza, con l'intenzione di farti male. "Revisionista" - il suo nuovo volume che sarà presentato oggi al Salone del Libro di Torino e del quale anticipiamo alcune pagine - è una di queste. Ha lo stesso valore di reietto, appestato, reprobo. Un losco figuro che per turpi intenti ideologici o sporchi interessi pratici rivolta come un guanto la storia, con la pretesa di rileggerla e di trasformare le vittime in carnefici e viceversa. Tutte queste cose le hanno dette anche di lui, ma Pansa è un piemontese tosto e contrattacca, facendo del revisionismo la sua bandiera. Perché il revisionista è solo un umile servitore della verità. Uno che si sforza di ricostruire i fatti. Uno che va a caccia di documenti e testimonianze, e sempre cerca conferme e verifiche. Uno che non accetta la storia ideologica, ma si sforza di capire le ragioni degli uni e degli altri. Uno che ha le sue idee, è chiaro, e fa le sue scelte, ma che, quando è impegnato nel suo lavoro di studioso, non nasconde nulla, meno che mai quello che può essere scomodo alla sua parte, perché questo vuole l'etica dello ricercatore serio. Il revisionista è critico e polemico: pensate un po', pretende di dar aria agli armadi pieni di scheletri e non accetta di inchinarsi alle "verità prefabbricate" dai "gendarmi della memoria" all'insegna del "chi tocca la Resistenza muore!". Il revisionista è uno che sa che nella storia- scritta dai vincitori - ci sono anche i vinti e che il "guai ai vinti!" è cosa da barbari. Il revisionista ha questo stile, Pansa ha questo stile. Che poi si chiama democrazia. O no? Mario Bernardi Guardi

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