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Quando la letteratura brucia senza scottare

Cesare Pavese, uno degli autori preso in esame da Antonio Spadaro

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L'esperienza della letteratura (Milano, Jaca Book, 2009). Fare esperienza della parola letteraria significa venire a contatto con la fiamma. Già la copertina del volume ci avvisa della sua natura: è una illustrazione di Sacha Gepner che rappresenta, in colore di fuoco, l'origine dell'universo. Si tratta di un fuoco primigenio, originario. La parola "poetica", cioè creativa, brucia ma non si consuma, rivelando una presenza permanente che la abita: dà vita a un mondo. Quando la parola è davvero creativa diviene come un biblico roveto ardente. Quando è letta, diventa attiva nel lettore, comunica la sua potenza espressiva, ma non si disperde, non si infiacchisce nella lettura: è un fuoco che il suo ardore rigenera, come ci ricorda Mario Luzi. E soprattutto non "divora" il lettore annullandolo, assimilandolo in se stessa, come invece fanno le ideologie e le mistificazioni. Ecco dunque il significato del volume di Spadaro che è alla ricerca della letteratura che ha vento di fuoco, direbbe Alda Merini. Che cosa Spadaro chiede dunque a un libro? Richiede "pagine libere dalla stanchezza del rancore e del fallimento necessario, dal torpore del sentimentalismo, dalla banalità del puro gioco delle forme; pagine che conoscono la perdizione del naufragio, ma anche la grazia della salvezza; pagine che sappiano guardare alla realtà così com'è, senza rimedi e senza l'airbag della militanza indignata o colta. La tragedia, così com'è descritta da alcune narrazioni d'oggi, purtroppo, non fa male per niente: fa riflettere e basta. Per far provare la puntura del dolore, per farne fare esperienza al lettore, è necessario che lo scrittore abbia uno sguardo da bambino. Se è l'occhio stupito del fanciullino ad essere l'unico testimone dello stupore, è lo stesso occhio ad essere anche l'unico testimone credibile della tragedia". Così la prima parte de L'altro fuoco è un percorso attraverso le opere di nove scrittori che, in un modo o nell'altro, hanno una dimensione ardente nelle loro pagine. I ritratti hanno la loro autonomia, ma compongono comunque un percorso che ha in Pavese e in Hopkins i suoi estremi ideali e che ricomprende al suo suo interno autori come Wilde e Luzi, Alda Merini e Bartolo Cattafi, Stig Dagerman e Rowan Williams, poeta gallese, più noto come primate della Comunione Anglicana. Se Pavese infatti è lo scrittore che finisce per ridurre lo stupore dell'intuizione in memoria di immagini passate, Hopkins invece è lo scrittore della freschezza più cara colta deep down things, in fondo alle cose. La seconda parte del volume, invece, cerca di comprendere la letteratura alla luce di sei "figure": il viaggio, la frontiera, la lotta, il germoglio, le cose, il logos. Sono tutte immagini che parlano di una soglia che Spadaro indaga in ampiezza e profondità: un ritratto della letteratura compiuto accostando i tasselli di un mosaico. L'itinerario di lettura nel suo complesso trova la sua giustificazione critica in un volume precedente che già annunciava il presente, cioè Abitare nella possibilità (Jaca Book, 2008). Lì il critico di Civiltà Cattolica esplicitava i fondamenti teorici dell'esperienza di lettura che in questo volume è praticata. Dunque Abitare nella possibilità e L'altro fuoco, sebbene autonomi, sono due volumi che costantemente si richiamano l'un l'altro, presentando una proposta critica originale e, a suo modo, ustionante.

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