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«Lei si considera trendy?» chiede una giovanissima inviata di una scalcinata tv privata al protagonista-regista Nanni Moretti

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Luispazientito le molla un ceffone. È una scena cult del film Palombella Rossa ed è ricordata nel libro appena uscito «È un problema tuo» di Filippo La Porta (Ed. Gaffi) come fulgido esempio di giornalismo becero, aggressivo e rumoroso. È un divertente pamphlet che analizza la lingua italiana di uso comune, quella che affida sempre più la comunicazione, all'uso di frasi stereotipate che stanno a poco a poco impoverendo il linguaggio nazionale e che contribuiscono a rendere sempre più insignificanti le nostre vite. Un viaggio nella selva di luoghi comuni, nelle scempiaggini delle frasi fatte con le quali esprimiamo, (in maniera ripetitiva come se ci si fosse atrofizzato il cervello) i nostri pensieri, nell'uso di metafore stantìe ripetute all'infinito (alto profilo, ventre molle, zoccolo duro), nell'abbondanza di inglesisimi o parole tecniche. La Porta ci parla di una società omologata, piatta e sonnolenta (abbiamo tutti il cellulare, la seconda macchina, la Smart o il Suv, facciamo le vacanze a Cuba o a New York, parliamo di tutto quello che vediamo in televisione) che però al suo interno presenta un bisogno ossessivo di distinguersi, di mostrare la propria eccentricità. È il fenomeno dell'omologazione differenziata. E come se non bastasse il linguaggio di consumo (che viene anche definito lingua di plastica) fatto di stereotipi, frasi iterative ecc, è pure trasversale dal punto di vista sociale, come l'hamburger di Mc Donald's. Rincorriamo l'apparire e ce ne freghiamo dell'essere. Ci si veste in un certo modo per aderire a un'ideologia. E come dire che l'abito ci fa diventare monaci. Insomma il luogo comune è l'unico modo per esprimersi nella nosta modernità. Sul banco degli imputati: la tecnocrazia, la pubblicità, l'ideologia. In poche parole, nessuno pensa più con il suo cervello. Immersi nella selva degli attimini, dei come dire, dei quello...fa la differenza e altri prefabbricati del linguaggio siamo solo narcisi ripiegati su noi stessi. E in quest'immensità del vuoto il nostro slogan sarà «è un problema tuo».

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