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Una tavola apre il giallo su Leonardo

Il dipinto ritrovato in una casa salernitana

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Il dipinto ad olio su tavola era nero di sporcizia accumulata nel tempo. Non si riusciva nemmeno a capire quale fosse il volto che si nascondeva dietro quella patina che si era depositata nel tempo. A mano a mano che il restauratore procedeva nella pulizia di quella tavola di 60 cm per 44 ecco comparire una folta barba bionda. Poi gli occhi, azzurri. Il cappello di veltro nero con una curiosa piuma bianca all'apice, chiaramente aggiunta in seguito. Ed era così simile a qualcosa di già visto che non ha nemmeno concluso la pulizia tralasciando la parte inferiore del dipinto. Era il volto di Leonardo da Vinci, o almeno del Leonardo che ancora oggi si suppone sia stato raffigurato da un artista anonimo su una tela custodita al museo degli Uffizi a Firenze. Bisognava avviare subito alcune ricerche. Scoprire la datazione del dipinto appena ritrovato, trovare più documenti possibile per risalire alla sua provenienza e infine confrontarlo con quello degli Uffizi, che per due secoli è stato ritenuto erroneamente un autoritratto del Maestro. Sono state avviate indagini con l'ausilio di moderne tecniche: radiografie, carbonio 14, lampade speciali. Fino a questo momento ci sono alcuni dati certi. Il dipinto ritrovato a Salerno fino a qualche anno prima era custodito con ogni probabilità ad Aderenza, città cattedrale in provincia di Potenza, quindi in Basilicata. La famiglia che potrebbe averlo portato lì sarebbe quella dei Segni, fiorentini in viaggio in Lucania. Il legno e gli olii indicano una possibile e incerta datazione. Leonardo Nacque nel 1452 e morì nel 1519 ad Amboise, in Francia. Sotto il volto raffigurato non c'è disegno preparatorio. L'artista ha quindi dipinto a mano libera senza aver bisogno di seguire un progetto.  Una grande dimostrazione di abilità, se si considera anche che rispetto al dipinto su tela esposto agli Uffizi quello più recente appare più affascinante. E raffigurerebbe un Leonardo da Vinci più giovane. Non ha un filo di barba bianca, il naso è meno pronunciato, il volto meno marcato e nonostante le sopracciglia anche queste corrucciate, l'espressione è in qualche modo più dolce. Eppure uno dei due dipinti sembra essere la copia dell'altro dal momento che i boccoli dei folti capelli hanno le stesse ondulazioni e proporzioni, le stesse lunghezze e anche il cappello di veltro nero ha gli stessi rigonfiamenti. Due dipinti simili, ma allo stesso momento distanti per esecuzione, per età apparente del soggetto e per abilità di esecuzione. Un mistero ancora aperto sul quale sono al lavoro alcuni tra i più autorevoli esperti di Leonardo. Lo scopritore della tavola, lo studioso di storia medievale Nicola Barbatelli ha affidato l'impresa al prof. Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Ideale Leonardo Da Vinci. Anche perché il retro della tavola della Basilicata reca una scritta enigmatica. È al contrario, da destra verso sinistra come scriveva Leonardo da Vinci nei suoi codici. In latino recita: «PINXIT MEA», che dovrebbe significare «lo dipinsi di mia mano». Chi sia stato l'autore è difficile accertarlo, ma la vera sfida per i prossimi mesi sarà scoprire se quel volto è davvero del Genio.

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