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Sanremo s'incendia per la guerra di Povia

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Ma qui infuria la guerra dei contratti, ed è alle viste la battaglia del Povia. Solo canzonette? Chiedetelo a Del Noce (lui sì, più che traballante sulla poltrona): «Stavolta è questione di vita o di morte. O ci sono i risultati o è crisi». Poco dopo, amabilmente e senza darlo a vedere, tirerà una mina addosso al conduttore: «L'affidabilità che mi garantisce Paolo è superiore a quella di chiunque altro». Come dire: se toppiamo ti giochi tu la faccia. Anche perché la storia dell'ingaggio da un milione di euro e quella della cessione dei diritti a Benigni del materiale d'archivio che lo riguarda preme come un macigno sulle spalle del direttorissimo (uscente) di Raiuno. Per Bonolis rivendica accordi finanziari «in linea con quelli degli scorsi anni», mentre più complesso è quantificare il valore delle opere tv del comico toscano da destinare alla vendita in dvd. Si parla di 350mila euro, ma altri calcoli superano i due miioni di euro. Intanto, per vederci chiaro, il Codacons ha mandato esposti urgenti alle Procure di Roma e Sanremo e alla Corte dei Conti; Gasparri alza il tiro su Cappon, diffidandolo dal fare scelte che «arrecherebbero un ingente danno patrimoniale alla tv di Stato», e via cartabollando. Quel che è certo, Benigni arriverà come un razzo Qassam sul palco dell'Ariston («é caricato a pallettoni», giura Bonolis), e girerà attorno ai soldi che mancano, chiamando in ballo indovinate chi? Esatto, Berlusconi. Ma non solo lui. A quel punto, più o meno a metà della prima serata, avremo già finalmente scorto le fattezze di Mina (immagini in movimento, recenti e inedite, spiegano) nel video inaugurale di "Nessun dorma". Puccini, ovvio, ma anche la parola d'ordine per un'occasione spesso narcotizzante come il Festival. La Tigre di Cremona sarà visibile in effigie anche per la sigla di chiusura di sabato, dopo che avremo finalmente conosciuto il vincitore tra i sedici "campioni", tenendo conto (e ve ne accorgerete strada facendo) che i brani dei giovani sono molto più accattivanti: segnatevi i nomi di Simona Molinari, di Chiara Canzian o di Malika Ayane. Dei big, una spanna sopra gli altri la performance belcantistica di Francesco Renga, mentre Patty Pravo può giocarsela ma deve evitare stonature (alle prove è stata un disastro), e la coppia Nicolai-Di Battista gioca allegramente su un pezzo che va veloce come la Freccia Rossa. Dimenticabile Dolcenera, gli Afterhours sembrano marziani con il loro rock possente e alternativo, Tricarico sembra più furbo che matto, ma la sua filastrocca andrà forte tra i bambini. Si va per temi: l'improbabile trio Belli-Pupo-'Ndour canta di integrazione e accoglienza (in giorni infelici per l'argomento), Masini cita i telegiornali del delitto Moro, poi turpiloquia parlando dell'Italia, e qualcuno lo denuncerà per vilipendio. La Zanicchi (occhio allla sua esibizione) canta la prurigine erotica delle tardone, Leali farà piangere con la sua ballata su padri e figli, Al Bano si spaccherà la gola cercando amore non corrisposto. I giovani si concentreranno sulla preghiera rap dei Gemelli Diversi, poi con il televoto faranno vincere presumibilmente Marco Carta e il suo hit di sapore ramazzottiano. Quanto a Povia, il pezzo è orrendo dal punto di vista artistico e bislacco sul piano antropologico: la storia di Luca ex gay (con il povero Laurenti costretto a smentire di essere il protagonista del racconto) ha chiamato all'adunata le truppe cammellate del coté omosessuale: stasera fuori dall'Ariston è prevista la manifestazione del "Comitato liberazione da Povia", sabato irromperà qui l'Arcigay. Il cantante commenta serafico: «Non me ne frega niente», Bonolis lo spalleggia definendo sterili, rabbiose e sbagliate le polemiche sollevate da «sorci che le penserebbero tutte pur di infilarsi su questo palco». Nel dubbio, meglio girare al largo.

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