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Caso Gomorra, gli accademici di Hollywood hanno riscoperto l'ignoranza

Una scena di Gomorra, di Matteo Garrone

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Sono sessant'anni che bazzico premi e giurie, ai festival, per principio, non ho mai voluto partecipare a quel giochetto che, a seconda delle circostanze, è chiamato «totoLeoni» o «totoPalme», ma in quest'occasione sarei stato persino pronto a scommettere, specie dopo aver visto, qualche tempo fa, la lista dei vari film stranieri che, dai rispettivi paesi, erano stati designati a concorrere per quel premio. Due soli, oltre a «Gomorra», mi sembravano possibili, l'israeliano «Valzer di Bashir» e il francese «La classe» ed ero perciò certo che li avrei ritrovati fra i nove, ma non senza lo splendido film di Matteo Garrone destinato ad inserirsi tra le pagine migliori, più intelligenti, e più solide del nostro cinema, alla pari con Rossellini e con gli autori più validi di quello che, nei Sessanta, avevamo definito «cinema civile»: Rosi, Petri, Damiani. Invece niente, invece il silenzio più totale. Il collega che mi dava la notizia mi chiedeva se poteva capirne le ragioni. Una sola, l'ignoranza. Il cinema è una cosa seria e per giudicarlo bisogna essere seri. Evidentemente non sempre i signori Accademici di Hollywood lo sono. Anche se, in questo ultimo decennio, avevano, in molti, dimostrato di saperlo essere.

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