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De Andrè davvero è un poeta? Sì, ma quanto Vasco Rossi

Fabrizio De Andrè

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La poeticità di una canzone non significa granché di più di quel che potremmo chiamare la poeticità di una rovesciata ben fatta di Kakà o di una carezza di chi so io. Insomma di tutte quelle cose che nella nostra vita suscitano un sentimento. Ed essendo la nostra un'epoca sentimentalista, si tende ad aggettivare con «poetico» tutto. E non c'è niente di male, ma allora è poetico De Andrè come Tina Turner, Elvis Presley o Al Bano. Per considerare il rapporto tra poesia, canzone e affini, all'Università di Bologna io e Lucio Dalla abbiamo fondato un centro apposito. Una canzone deve avere qualità «canzoniche», essere una buona canzone, e una poesia dev'essere una buona poesia. Ciò che rende l'una tale non coincide con ciò che rende l'altra talaltra. De Andrè come scrittore di testi ha buone qualità di maneggiamento di modi e figure desunti da cultura popolare e colta. Gran merito, anche se spesso è arduo distinguere l'originalità dalla copiatura. Il secondo motivo per cui è artisticamente più stimolante Vasco Rossi è perché in lui viene sottoposta a maggiori tensioni inventive la lingua italiana. Terzo: la maggior parte delle suggestioni «poetiche» che si trovano in De André sono reperibili nei narratori importanti e nei poeti degli anni '50 e '60. Il che non diminuisce il valore del suo lavoro, ma lo colloca nella dimensione che gli è propria.  

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