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Ari Folman: "Io, soldato pentito e senza memoria"

Ari Folman

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In contemporanea con il film esce in libreria per la Rizzoli il fumetto omonimo con i disegni originali di David Polonsky, art director del cartoon di Folman, che arriva domani nelle sale distribuito da Lucky Red. La storia si apre con la strage di Sabra e Chatila, nel giugno 1982 da parte della milizia cristiana falangista, e si chiude con un finale choc d'immagini crude e vere, con bambini straziati come vittime inermi. All'epoca il regista aveva 19 anni e prestava servizio nell'esercito israeliano. Folman, come è nata l'idea di questo cartoon? «Ero stato colpito come molti altri miei commilitoni da uno stress post-traumatico: avevo enormi buchi di memoria di quel mio periodo di guerra. Per essere esonerato dagli obblighi di riservista a 40, anzichè 50 anni, ho dovuto consultare lo psicoterapeuta: sono andato in psicoterapia, ma poi ho preferito fare un film che potesse essere terapeutico. La pellicola è stata bene accolto nel mio paese e dall'establishment israeliano anche perché io ero uno di quelli che ha combattuto, uno che era stato dalla loro parte. Nel mio cartoon piace che si veda chiaramente come i soldati israeliani non abbiano tirato il grilletto in quella strage. La guerra non è quella che si vede nei film americani: niente fascino e niente gloria. Solo ragazzi giovanissimi che si sparano. Qualcuno torna a casa cercando di dimenticare. Ma in pochi ci riescono». Perché ha usato tante immagini violente? «Volevo che si vedesse e si capisse come quel massacro abbia avuto davvero luogo: ci sono state tremila vittime, tra le quali molti bambini. E se qualche ragazzo, dopo aver visto quelle immagini, navigasse su Google per saperne qualcosa di più, per me sarebbe un motivo di successo». Obama, come neo presidente Usa, riuscirà a pacare il conflitto israelo-palestinese? «Si gioca alla guerra come io gioco agli scacchi. Non c'è da parte dei governanti la sensibilità verso le sofferenze umane, verso il dolore. Sono critico sia verso il mio governo, riguardo all'attuale guerra nella striscia di Gaza, sia verso chi è dall'altra parte: perché non si è fatto nulla per arrivare alla pace? Obama è la nostra prossima speranza. D'altronde tutta la sua vita è all'insegna dell'eccezionalità. Solo venti anni fa nessuno avrebbe neppure potuto immaginare che un presidente di colore potesse salire alla Casa Bianca. L'attuale conflitto a Gaza va comunque fermato». È ottimista sul futuro in Medio Oriente? «Non molto. Oggi purtroppo in tutto il mondo la maggioranza giustifica i conflitti e trova tutti i possibili pretesti per poterli fare».

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