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«I writers? Hanno elaborato un linguaggio straordinario. ...

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Che alla mostra di due anni fa ha messo a disposizione dei graffitari, lungo la strada che porta alla Fondazione, nel cuore della Bovisa, ciquemila metri quadrati di muro». Esperimento riuscito, Rampello? «Indimenticabile. Sono venuti da tutta Europa, calamitati da una serie di contatti. Abbiamo offerto loro i colori, gli spazi, anche il cestino con il pranzo». Dover lavorare su uno spazio obbligato non è contrario al primo dei loro precetti, essere liberi? «Hanno trovato l'ambiente adatto per esprimersi. Un lungo muro colorato di rosso. Hanno perfino contravvenuto all'abitudine di lavorare di notte. Lo stesso è successo al Politecnico, altro spazio della Bovisa, l'ex quartiere operaio cantato da Olmi e da Testori». Insomma, sbaglia chi li persegue? «Parliamo chiaro. È sacrosanto tutelare i centri storici. Ma i veri writers lo sanno, tanto è vero che usano luoghi industriali abbandonati o le stazioni della metro. E che siano importanti lo testimonia il mercato. All'asta di Sotheby's le loro opere sono vendute anche a 60 mila euro. Esiste un raffinato collezionismo, sono entrati nelle case di Madonna, Brad Pitt, Angelina Jolie. La Tate Gallery di Londra dedica loro una mostra. Non basta a dargli la patente di artisti?». Li. Lom.

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