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Cuba, quell'assurdo inferno rosso difeso ormai solo dai comunisti italiani

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Era l'unico modo per sottrarsi alle imposizioni del regime. «L'unico modo per non morire è dimostrare la mostruosità del sistema castrista». Carralero non vive più a Cuba. È un esiliato. È un dissidente seduto sulla sedia di un camera poco illuminata al centro di Milano, dove scrive opere che a Cuba non ha mai potuto pubblicare. In Saturno y el juego de los Tiempos (Spirali) sono raccontate le rivolte, a volte solo interiori, dei cubani. Quelle prudenti, quelle vantate. Quelle sostenute da parenti e amici già oltre i confini nazionali. «A noi piace dire che Cuba è piena di Castro, castricos, castrinos. Nel senso che tutto gira attorno al regime, è ovunque. La gente ripete a memoria le frasi di Castro. Eppure tutto questo non iniziò così». Carralero, suo padre fece la rivoluzione? «Sì, ma mai parlò di comunismo. Mi ricordo mio nonno paterno che diceva: "Posso essere fidelista, ma non comunista". La mia di rivoluzione, finì quando Castro iniziò a fucilare non solo i nemici di guerra, ma anche i propri compagni senza un giusto processo». Lei dice che ogni cubano applica una propria forma di ribellione al regime. Per quale motivo senza organizzazione? «La gente non riuscirà mai ribellarsi completamente, perché soffre della sindrome d'indifendibilità. La persone lì vengono ammazzate. Un sociologo americano, negli anni Settanta, fece un esperimento con un cagnolino. Lo mise in una gabbia e ogni volta che suonava il campanello gli dava da mangiare. Dopo un po' di giorni iniziò a suonare il campanello senza sfamarlo: il cane si sentì così indifeso che si rassegnò a morire. La sindrome ha portato i cubani a perdere la capacità di reagire all'umiliazione restando schiacciati dal regime». Cosa cambia con Raul Castro al potere? «L'unica differenza è che il potere è passato da un regime carismatico totalitario, a un regime burocratico totalitario. Fidel era un freddo, uno spietato, un calcolatore. Se lo hanno messo da parte è solo perché era diventato impresentabile al pubblico. Ma Raul non ha il carisma di Castro, è un dittatore improvvisato». Siamo vicini a un cambiamento? «No, c'è ancora il fantasma di Fidel. Solamente quando morirà lui avremo la resa dei conti». Raul come prova a differenziarsi da Fidel? «Inventando una dittatura moderna. Per esempio dà la possibilità ai cubani di possedere un cellulare. Ma ci voglio 250 euro per comprarlo e 250 euro per l'attivazione: un cubano dovrebbe restare a digiuno due anni per permetterselo. Raul dà finte speranze». Poco tempo fa Oliviero Diliberto ha elogiato il modello di Cuba. «È andato lì per sentirsi dare ragione, perché il comunismo in Italia non esiste più. Come fa a parlare bene di un regime? Diliberto sostiene una dittatura. Si è permesso anche di incontrare il signor Machado Ventura che è un noto assassino. L'unica cosa vera che ha detto Diliberto in quell'occasione è che Cuba non cambierà: rimarra un regime». Cosa si aspetta dall'estrema sinistra extraparlamentare in Italia? «Una reazione forte, perché la sinistra ha sempre avuto una grande capacità di strumentalizzazione e di propaganda. La sconfitta in Parlamento li riporterà in una fase violenta, per cercare di riemergere. Dobbiamo calcolare che in questo momento sono guidati dalla disperazione. Il comunismo è più pericoloso del fascismo, perché hanno una scuola politica molto più importante.

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