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I DEMONI DI SAN PIETROBURGO, di Giuliano Montaldo, con Miki ...

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Adesso, fedele ai civili impegni dei suoi film maggiori ("Sacco e Vanzetti", "Giordano Bruno"), affronta, ispirandosi a un'idea di Andrej Konchalowskij, un personaggio fra i più celebrati (e problematici) della letteratura russa, Fjodor Dostoevskij, mettendolo al centro di una crisi che, pur solo immaginata, prende abilmente a supporto molti temi e molti elementi tolti con rigorosa fedeltà dalla sua biografia. Tra questi, i suoi debiti di gioco, la sua necessità di completare in tempi brevi un suo romanzo ("Il giocatore") per non venir meno a un contratto con un editore esoso, il suo passato di rivoluzionario che gli era costata una deportazione in Siberia, l'epilessia, il suo primo incontro con quella sua stenografa, Anna Grigorjevna, destinata a diventare la sua seconda moglie. In parallelo, attentamente inserita, la crisi. Motivata dal dilemma, di fronte ai moti rivoluzionari che nel 1860 turbavano la Russia, di esserne stato in qualche modo responsabile con i suoi romanzi sempre ferventi sostenitori della libertà e adesso presi ad esempio proprio da quei giovani che, fraintendendoli, ne traevano incitamento per attentati, spargimenti di sangue, bombe. Eccolo, così, cercare di avvicinare quei giovani, di frenarli, di convincerli, anche, ad evitare il peggio, denunciando alla polizia certi loro piani cui avrebbe fatto seguito solo la morte. Anche per molti innocenti. Un grande, tormentato personaggio. Una perorazione civilissima contro il terrorismo (di ieri e di oggi), una attenta rievocazione di un'epoca, una suggestiva ricostruzione di una cornice (nella autentica San Pietroburgo), una struttura narrativa che dosa con sapienza l'alternarsi di ogni singolo personaggio, dei suoi contrasti, dei suoi drammi. Affidati a modi di rappresentazione che, valendosi di tecniche saldissime (le scenografie di Francesco Frigeri, i costumi di Elisabetta Montaldo, la fotografia di Arnaldo Catinari, le musiche di Ennio Morricone) arrivano a proporre uno spettacolo il cui larghissimo respiro si accompagna, senza squilibri, allo studio puntuale del tormentato protagonista. Lo ricrea con vigore lo slavo Miki Manojlovic, visto di recente in "Irina Palm". Gli altri, tutti egualmente validi, sono Carolina Crescentini, la futura moglie, Roberto Herlitzka, un poliziotto, Anita Caprioli, una rivoluzionaria.

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