Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La danza italiana è in festa. Ieri pomeriggio in una ...

default_image

  • a
  • a
  • a

«È un'onorificenza molto importante - ammette la Fracci - che va anche alla danza che è arte nobile, di cui non bisogna perdere la tradizione. Ci sono grandi nomi che hanno dato tanto ed ho avuto la fortuna di poter vedere i grandi maestri e i grandi danzatori che hanno trasmesso quest'arte. Questo Premio voglio dividerlo con i grandi come Margot Fonteyn, Alicia Markova, la Chauviré, Dolin e Cranko. Non è la quantità ma la qualità che fa lo stile. Il futuro è dei giovani, ma è importante che abbiano buoni maestri. La danza non è solo un corpo che si muove, ma emozioni da trasmettere al pubblico». Quale è lo stato di salute della danza italiana? «Penso che la danza non meriti di essere smantellata nei teatri lirici, come è accaduto a Venezia, Bologna e Trieste. Occorre un aiuto vero perché la vedo in bilico: mi sono battuta sempre per la danza. Si vive sempre in ansia, ma bisogna crederci». Quali i bilanci dei suoi sette anni all'Opera di Roma? «Devo molto alla Scala, ma ho capito che bisognava spaziare per fare esperienza. Il pubblico per la danza c'è e lo si vede anche qui a Roma. Ho avuto delusioni a Milano, ma ho trovato nella capitale una città che mi ha ospitato con stima e affetto. Devo molto anche all'Opera: la compagnia è in crescita e ha fatto molto anche in mezzo alle difficoltà. La danza è sempre un po' la parente povera e bisogna fare salti mortali». Cosa resta ancora da fare? «Abbiamo fatto molto e bisogna trovare il modo di accontentare tutti. Ma il governo dovrebbe aiutarci di più». Si fa abbastanza per i giovani? «Purtroppo no. Manca una compagnia nazionale: è stata una mia battaglia da sempre. Solo così potremmo vivere di sostegni e non di elemosine. Quanto ai ballerini ho dato sempre agli stabili la possibilità di essere presenti a seconda delle loro possibilità, ma gli organici debbono rinnovarsi». Investirete nei grandi coreografi viventi? «Ho chiesto a Béjart e ad altri di riprodurre per noi loro creazioni, ma c'è sempre un problema o di disponibilità di tempo o di budget». Cosa pensa dei grandi danzatori come Alessandra Ferri che a soli 40 anni lasciano la danza? «Sono scelte personali: se avessero avuto ruoli creati su di loro avrebbero potuto anche continuare. L'abbandono della Ferri è una grave perdita. È un talento vero e ci mancherà».

Dai blog