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Regista de "I Vicerè", Roberto Faenza, un bel film, perché ...

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Un film di grande attualità...? «Trovo che i Vicerè, sebbene si tratti di una storia ambientata centotredici anni fa, sia un film e un'opera straordinariamente moderna. Importantissima per capire, forse, il dna del nostro caro e bel Paese». Come le è arrivata la passione per il cinema? «Frequentavo il liceo, noi studenti eravamo soliti tenere un giornalino di classe per fare la recensione di alcuni film. Discutemmo su "L'anno scorso a Marienbad" di Resnais, la classe si divise in due gruppi, i sostenitori e gli oppositori del film, ero tra gli oppositori. Due anni dopo rividi il film ne compresi la bellezza ed il vero significato di profondo rinnovamento. Il mio desiderio di fare cinema nacque proprio il quel momento e forse proprio dalla mia incapacità di non capire. Mi diplomai in regia al centro sperimentale di cinematografia a Roma». Ed il suo debutto? «Regista di un film sulla contestazione studentesca, "Escalation", vincitore di vari premi e festival internazionali». Un periodo non ha lavorato, perché? «Per due anni non ho fatto film in Italia e alcuni dei miei film furono anche censurati. Non lavorando non mi sono mai perso d'animo, forse il periodo del non lavoro è stato anche un bene, altrimenti avrei continuato a girare solo pellicole di impegno politico che prima o poi avrebbero stancato». È stato un grande sciatore, vero? «Fino all'età di diciott'anni sciavo tantissimo sono stato campione italiano juniores. Poi la Passione per il cinema prese il sopravvento sullo sport. E quella passione è ancora dentro la mia testa e dentro il mio cuore. Spero non mi abbandoni mai».

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