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Oggi in sala «La ricerca della felicità» di Gabriele Muccino

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Smith, io eroe sconfitto ma felice

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",erano già intrisi del grande sogno americano. Parola di Will Smith, che ha presentato ieri a Roma "La ricerca della felicità", diretto da Gabriele Muccino, prodotto da Columbia, da domani in 420 sale distribuito da Medusa e già campione d'incassi in Usa, dove in meno di un mese ha realizzato 130 milioni di dollari. «In questi film di De Sica - ha spiegato Smith - c'è gente che lotta per la propria famiglia e per un futuro migliore: questo è il sogno americano. Poi vedendo le pellicole di Muccino, ho capito che era proprio lui il regista adatto a raccontare le emozioni e i sentimenti di una storia vera come quella di Chris Gardner che io ho interpretato. Un uomo che negli anni Ottanta, dopo aver perso il lavoro ed essere stato abbandonato dalla moglie (Thandie Newton), scende tutti i gradini sociali. Però senza mai privare di attenzioni e di amore suo figlio - interpretato dal secondogenito di Smith -. Oltre al sogno americano, il film narra un'idea universale, primitiva, animalesca, quella di proteggere i propri figli in un mondo difficile. È un film che tocca il cuore delle nostre paure, lo Yin e lo Yang dell'American Dream». Per Will Smith, che ha più volte sottolineato con ironia l'incapacità di Muccino nel comunicare sul set con gli attori in inglese, «la felicità è solo rispettare me stesso. Potermi guardare allo specchio ed essere contento di me. In Usa il sogno non si abbina per forza al denaro: io che vivo una parte di questo sogno americano, so che quando nel mio paese diventi famoso, i soldi passano in secondo piano e non sono mai l'obiettivo primario». «In Usa non puoi essere un perdente - ha poi aggiunto Muccino -. È una società che si divide tra loser e winner. Ho raccontato con una sensibilità europea un'America che doveva essere riconoscibile agli Americani, un popolo nato da gente che ha lasciato il proprio paese alla ricerca delle felicità. Una società individualista, consumistica e capitalistica, dove "farcela" è un valore morale. Una realtà diversa dalla nostra. Gli homeless che ho utilizzato nel film sono tutti veri, volevo far respirare la povertà. Era un modo per rispettare sia la storia di Gardner sia l'incubo vissuto da milioni di persone che in quel paese non ce la fanno. Mi è capitato spesso di maltrattare Will Smith, perché ho dovuto contenere la sua presenza scenica. Per me, la felicità, quando arriva, dura davvero poco: siamo tutti all'inseguimento del momento giusto e sempre a caccia di felicità». Ma Gardner non ha mai abbandonato il suo sogno e, nonostante le difficoltà estreme, è diventato un broker. Oggi, Gardner, che della sua vita ha scritto anche un libro (edito da Fandango) a cui si ispira il film, è un felice milionario, direttore di una compagnia di intermediazione finanziaria e ricorda che «non bisogna permettere a nessuno, neanche ai propri genitori, di spegnere i nostri sogni. Me lo diceva sempre mia madre e io lo ripeto ora ai miei figli».

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